02/06/2020 – S. S. Marcellino e Pietro

Lc 12, 35-38
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno
troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Stare “svegli, pronti” come sentinelle, perché non sappiamo quale sarà il momento del ritorno del Messia.
La più usuale interpretazione di questo brano è stata quella escatologica: farsi trovare pronti, vivere come se ogni giorno fosse il nostro ultimo giorno, in attesa dell’incontro che dà senso alla nostra esistenza. E siccome nel brano precedente Gesù ha appena richiamato alla fiducia nella Provvidenza, questo stare pronti ha senz’altro anche la sfumatura dell’affidarsi, del non preoccuparsi per ciò che è superfluo, concentrandosi, invece, sull’essenziale.

La vigilanza si manifesta come l’essere pronti da un momento all’altro a partire per il viaggio più
importante e più bello della nostra vita, con quel senso di precarietà che abbiamo per molti aspetti tristemente riscoperto in questo periodo di pandemia, che ha reso tutti un po’ più fragili.

Ma è un’altra sfumatura che mi preme sottolineare oggi (e traggo spunto da una riflessione di alcuni monaci benedettini) e cioè quale debba essere nel concreto questo atteggiamento di vigilanza, questa ricerca dell’essenzialità.

Uno è l’atteggiamento da tenere da parte dei discepoli, che è lo stesso del Maestro, quello del servizio. I monaci scrivono: “La nostra vigilanza non è scrutare nel buio, è tenere luminosa la presenza del Signore, continuando la sua missione trai fratelli … Il tempo dell’attesa non è finalizzato a se stesso, ma in funzione del servizio perché il Regno si áncora e si matura nell’operosità della nostra vita”.

Sono nella linea di una vita donata, siamo immagine del Maestro e solo così potremo dirci davvero beati!

 

Dal Salmo 83
Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L’anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.

Per me un giorno nei tuoi atri
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende degli empi.

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