04/08/2020 – S. Giovanni Maria Vianney

“In quel tempo alcuni farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, si avvicinarono a Gesù e gli dissero: “Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione egli antichi? Infatti quando prendono cibo non si lavano le mani!”.” (Matteo 15,1-2.10-14).

Alcuni farisei e scribi vengono da Gerusalemme a fare una visita ispettiva. Sono richiamati dalle notizie sulle guarigioni e sui miracoli compiuti dal Maestro. Ma soprattutto vengono a verificare perché i discepoli di Gesù non rispettano i precetti, non usano lavarsi le mani prima dei pasti.

La questione della impurità scandalizza i farisei e gli scribi ed è al centro del confronto con Gesù.

É lapidario il Maestro: “Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo!” É solo il bene che entra nella vita dell’uomo. Sembra una cosa scontata. Ma a pensarci bene non è per nulla scontata, perché è quello che esce dall’uomo che spesso va in senso esattamente opposto.

Per questo Gesù mette in guardia i discepoli dal seguire farisei e scribi. Essi sono guide con il paraocchi. Sono accecati dalle loro convinzioni.

La conclusione di questo passo evangelico è un invito ad accogliere il bene che entra in noi, a ricercarlo, anche da chi sembra non essere allineato al comune sentire.

Riprendendo la lettura del profeta Geremia ci accorgiamo che il Signore ha compassione per le iniquità del suo popolo. I profeti che annunciano la presenza del Signore e il suo agire nella vita umana, anche nel nostro tempo, non li troviamo tutti inseriti nella nostra quotidiana esperienza comunitaria.

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