“In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.” Giovanni 12, 24-33
Mi piace molto quando Gesù utilizza nelle parabole e nei discorsi immagini legate alla terra e all’agricoltura!
In questo brano, protagonista delle righe che mi hanno colpita è il chicco di grano.
Si dice di lui che è “d’esempio” agli uomini quando muore, passaggio necessario perché porti frutto.
Questa condizione suona molto dura!
Ma mi fa pensare anche a due sfumature con cui noi possiamo cogliere e concretizzare questa morte: associo la morte del chicco di grano anzitutto ad un processo di umiliazione (fare propria l’umiltà) di se stessi.
C’è un significato molto profondo, secondo me, del verbo umiliare che deriva dall’etimologia e riporta (non a caso) all’immagine della terra.
Umiltà ha la stessa radice di humus=terreno. Da una parte rimanda dunque al gesto di abbassarsi, di tornare alla terra, alle origini forse; dall’altra ricorda lo stato del terreno, calpestato costantemente da tutto e tutti, senza lamenti perché è la sua vocazione!
Questo mi ricorda l’importanza di curare anche le piccole cose, i piccoli impegni che apparentemente non valgono nulla e quindi si scansano orgogliosamente perché “Eh no! Io sono destinata a cose grandi!”.
Invece, quali e quanti semi di santità si nascono nei piccoli gesti…!
L’altra sfumatura a cui penso è conseguenza della morte stessa del chicco: non è più solo e dà frutto.
Anche qui mi viene da rifarmi all’etimologia della parola frutto che rimanda non solo al concetto di prodotto (sí, siamo più produttivi, possiamo donare di più!) ma anche al verbo fruire con il significato di godere di qualcosa.
Penso che i frutti siano allora tutte quelle esperienze, quel tempo donato, quelle attenzioni, quelle piccole Grazie quotidiane di cui si può godere e gioire, non da soli, non come semplici spettatori della gioia altrui, ma insieme!