23/02/2017

“Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.” (Marco 9,41-50).
L’Evangelo di oggi non lascia scampo a riflessioni superficiali perché é tagliente come la lama di un coltello. Si può spiegare traendo il significato dalle prime righe tratte dal libro del Siracide (5,1-10): ‘Non confidare nelle tue ricchezze e non dire: «Basto a me stesso».’
Il versetto che più ci inquieta é quello sopra riportato (Marco 9,42). I discepoli hanno discusso, dopo l’esperienza della Trasfigurazione, chi fosse il più grande tra di loro. E Gesù aveva indicato la via preferenziale e cioè quella del farsi piccoli e di agire non come fanno i potenti ma di sentirsi servitori degli altri e e tra di loro fratelli.
Evidentemente i discepoli non capiscono ancora. Gesù allora interviene con un discorso molto pungente che ascoltiamo oggi.
Fa presente che la questione che mina il rapporto con D-o, che é misericordia, é quello di scandalizzare i più piccoli. La piccolezza é la dimensione fondamentale della vita credente perché così il Buon D-o si fa presente. Quindi se non ci facciamo piccoli non possiamo assumere e vivere la dimensione delle Beatitudini che sono il paradigma della fede in Lui e nel Padre.
Le altre affermazione dell’Evangelo sono una diretta conseguenza. Se non ci facciamo piccoli, se bastiamo a noi stessi, perfino il nostro corpo diventa scandalo. É questo non é solo un paradosso ma il rischio a cui andiamo incontro ogni giorno.
É un cammino, quello che vi bene proposto da Gesù, esigente ma non complicato. La minorità parte dalla dimensione dell’umiltà che sempre deve riguardare la nostra vita e le nostre azioni.

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