30/01/2020 – Giovedì della 3ª Settimana dopo l’Epifania

Marco 5, 1-20
In quel tempo. Il Signore Gesù e i discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. […] Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. Mentre
risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.

Gesù si rivela mediante le parole (le parabole) e le opere (i miracoli). Dopo il discorso intorno al mistero del Regno, abbiamo quattro miracoli: Gesù dominatore della natura (la tempesta sul lago – 4, 35-41), Gesù vincitore del maligno (l’indemoniato di Gerasa – 5, 1-20), Gesù vincitore del male e della morte (l’emoroissa e la figlia di Giairo 5, 21-43). Da notare che, testimone di questi miracoli non è la folla -tenuta a debita distanza e che interviene solo a fatto compiuto-, ma solo i discepoli i quali sono chiamati a cogliere il segreto del regno di Dio.

Un ulteriore aspetto da tener presente in questi quattro brani, è che si tratta di episodi giocati sul contrasto paura-fede. Gesù arriva nella regione dei Geraseni, cioè in territorio pagano: la presenza del Regno non è quindi chiusa entro i confini di Israele. Già da questo fatto ci viene spontaneo pensare alle nostre comunità, ai nostri gruppi, alle nostre associazioni: sono aperte o chiuse? Sanno accogliere o rifiutare?

Una seconda riflessione la facciamo partendo dall’uomo posseduto dal maligno: vive tra i sepolcri, fuori della città. La società lo ha messo al bando, come sempre. È il modo più rapido per risolvere il problema: si chiude il malato nella sua malattia e lo si immobilizza nella sua situazione, perché non disturbi. La vocazione di Gesù è invece quella di andare verso coloro che il corpo sociale tiene distante.

Quante volte i nostri sguardi cambiano direzione di fronte ai fratelli!

Lo sviluppo di questo racconto ci mostra che proprio loro sono in attesa di lui, aperti alla guarigione e al perdono.
Il racconto mostra che l’incontro con Gesù non è soltanto una guarigione, ma una vera liberazione, un ritrovare se stessi, una riconquista della propria autenticità. Di un essere diviso e asociale Gesù ha fatto un uomo padrone di sé, ne ha fatto un fratello.
I geraseni si meravigliano della trasformazione operata da Gesù, forse l’apprezzano, ma giudicano che il prezzo da pagare è troppo alto. Alla gente non interessa un uomo libero in più, interessa solo una mandria di porci in meno!
Ancora meritevoli di attenzione le ultime battute di Gesù verso l’uomo guarito: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te».

E noi? Nella nostra quotidianità siamo annunciatori di un Dio misericordioso?

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