30/06/2020 – S.S. Primi martiri della santa Chiesa romana

Luca 7,1-10
In quel tempo. Quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, il Signore Gesù entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il
suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non
disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Un centurione romano prova un affetto sincero per il suo servo: questa relazione è così delicata e autentica da spingerlo a inviare dei servi da Gesù, perché Gesù si rechi da lui a guarire il suo servo malato.
Il centurione romano – non un giudeo, ma un soldato a capo di almeno cento uomini – riconosce Gesù come Signore, come capace di donare salvezza. Non solo! La grandezza di Gesù per lui è talmente “altra” dalla sua piccolezza, da affermare che basta una sola parola di Gesù. Tale è la sua fiducia nel Maestro!

Le parole che il centurione pronuncia mi ricordano da sempre quelle che diciamo anche noi prima di ricevere l’eucaristia: “Oh Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io salvato”.

Credere è anche questo: riconoscere che Gesù è Signore, porre in Lui una fiducia totale, riconoscere umilmente (come Maria) la nostra piccolezza per dire che tutto ciò che abbiamo è puro dono.

E la fede del centurione è così grande, che persino Gesù ne rimane ammirato: questa fede è opera dello Spirito.
E allora non ci resta che ringraziare per questi doni incommensurabili e assolutamente immeritati e invocare che lo Spirito alimenti sempre di più la nostra fede e la nostra sete di Dio.

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco:
abitare nella sua casa tutti i giorni della mia vita. (sal 26)

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