01/05/2020 – S. Giuseppe lavoratore

“In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.” (Giovanni 6,52-59).

Il passo evangelico di Giovanni richiede, forse più di altri, lo sforzo di immaginare e trascendere le parole di Gesù, di scoprire il reale e profondo significato.

La discussione dei Giudei non è banale come potrebbe sembrare perché hanno capito perfettamente il pensiero di Gesù. É il come le parole si possano realizzare.

Gesù non fa un paragone scandaloso e non usa le parole, mangiare la sua carne e bere il suo sangue, a sproposito. Carne e sangue rappresentano concretamente la vita umana.

Gesù vuole ricordarci che la sua missione ha come obiettivo il dono della sua vita. La carne e il sangue rappresentano, nel corpo umano, la vita, l’essere viventi. E il corpo umano o si alimenta o muore. Gesù vuole che il corpo umano viva, attraverso il suo dono.

Il paradosso di Gesù é che donando la vita, questa si moltiplica, si sviluppa e cresce.

Tutto questo ci fa capire, se mai non l’avessimo capito in questo tempo di privazione della possibilità di vivere la messa, che l’Eucarestia, la cena del Signore, è l’alimento principale per la vita di un credente perché ci ricorda il punto centrale dal quale scaturisce la nostra fede e come essa ha bisogno di alimentarsi.

La fede in Cristo è una fede che nasce e rinasce dalla Eucarestia.

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