“Il Signore scese nella nube [sul monte Sinai], si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».
Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole.” (Esodo 33,7-11; 34,5-9.28).
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L’intenso dialogo tra Mosè e il Signore nella tenda del Convegno ci stimola a cogliere l’intensità e il significato di relazionarci con l’Aktissimo.
Il Signore si svela con una parola che è unica: misericordia, nonostante la nostra testa dura!
E a ben ricordare non solo il popolo d’Israele è un popolo di dura cervice. Noi stessi e la nostra umanità cade spesso nell’allontanarsi e incamminarsi per vie contaminate dal nostro orgoglio e dal nostro bastare a noi stessi.
Scopriamo che il Signore Altissimo ci dà sempre una possibilità. Anzi non ci vuole conservare in un recinto di puri (Matteo 13,36-43). Fa crescere la zizzania insieme alla pianta con il seme buono.
Solo dopo la mietitura divide e brucia fa zizzania.
Nelle letture di oggi scopriamo che l’Altissimo è un D-o buono e misericordioso.
Immagine: The prodigal son – Nicolay Losev – 1882