04/02/2020 – Martedì della 4ª Domenica dopo l’Epifania

Mc 6, 1-6a
In quel tempo. Il Signore Gesù partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.

Quante volte possiamo rispecchiarci in questo brano di Vangelo?
Marco ci narra di un Gesù ritornato in patria. In quel luogo è ben conosciuto, così tanto ‘familiare’ da aver la pretesa di sapere già tutto di lui.
Gesù è pienamente Dio e, paradossalmente, è anche pienamente uomo. Ha agito e agisce in noi secondo la sua umanità.

Anche noi molte volte cerchiamo la Fede in Gesù nello straordinario, nelle suppliche esaudite, in un segno tanto atteso, in una guarigione…
Gesù invece è straordinario perché, proprio nella sua umanità, vive con noi l’ordinarietà degli eventi e dei giorni.
Ogni incontro con l’altro, ogni ora di lavoro può essere vissuta umanamente con il cuore a Gesù. Consapevoli che solamente Lui può portare una novità di grazia nella nostra vita.

O Signore guariscici dalla nostra incredulità, dalle nostre presunzioni e donaci la grazia di riconoscerTi e accoglierti sempre come unico Maestro.

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