Lc 12, 34 – 44
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi».
Sapendo che il proprio tesoro è in cielo, il discepolo vive in attesa del suo Signore. Non è la prima
volta che il discepolo è invitato a guardare oltre il concreto dell’oggi e il concreto del domani: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso? Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi» (Lc 9, 23-26).
Il discepolo è invitato a vivere l’oggi e il domani pensando a Gesù che un giorno, quale Figlio dell’uomo, ritornerà nella sua gloria e in quella del Padre suo.
Da qui nasce un atteggiamento di fondo del discepolo: se vuole assicurarsi sulla vita, se vuole dare uno sbocco sicuro e positivo alla propria esistenza ed essere davvero beato -ben quattro volte risuona il vocabolo in questo testo-, cioè salvo, deve vivere nell’attesa ed essere pronto, con la cintura ai fianchi (Es 12, 11) per andare incontro al Signore che viene.
L’allusione al libro dell’Esodo è significativa: quando verrà il Signore andremo con lui altrove, là dov’è il nostro tesoro, nella casa del Padre, nei cieli.
Le immagini che ci vengono presentate nel testo di oggi ne spiegano i motivi: le lampade accese; i servi svegli e pronti al servizio perché non sanno quando tornerà il loro padrone: può essere presto o a mezzanotte o anche più tardi. È certo però che non ci sarà un tempo per prepararsi: perché non sapete a che ora verrà.
Anche l’immagine dei servi-padroni è urtante. È l’eco di un tipo di società che oggi vorremmo superata. Gesù non si sente un padrone come gli altri; anzi, quel mettersi il grembiule per servire è un invito ad essere «dono» per ciascuno e a far sì che ognuno di noi sappia imitarne l’esempio.
Sia per tutti noi un anno durante il quale ci sentiamo dono gli uni per gli altri.