9 maggio 1978 La Renault 4 con lo sportello posteriore aperto e quello posteriore ancora intatto. ANSA

Sono trascorsi quarant’anni dall’assassinio di Aldo Moro, dall’assassinio della sua scorta, dalla follia violenta e omicida delle brigate rosse.

É come se fosse ieri ripercorrere quel tempo che sembra lontano ma che é vivo nella memoria. Ricordo il luogo, il momento, di quel tragico annuncio.

Fa impressione immaginare ancora oggi che la morte di questo grande uomo politico ancora oggi non sia servita a farci capire quanto importante sia una politica con riferimenti alti, una politica a servizio della gente, specie dei più deboli.

Eppure il pensiero politico di Aldo Moro é, ahi noi, ancora più attuale, non solo per una politica intesa come servizio al bene comune ma anche come sogno per poter costruire un Paese dove l’alternanza alla guida potesse realizzarsi con rispetto reciproco, con scelte condivise e rivolte a far crescere un Paese unito.

Invece ci troviamo oggi a constatare, con grande rammarico, che anziché andare avanti siamo tornati decisamente indietro. L’Italia, il nostro amato Paese, é diviso da tanti punti di vista, non sa trovare ancora una identità che unisca le diversità e che sia fermento di ideali e valori alti.

Anzi stiamo forse retrocedendo anche perché siamo rappresentati da una classe politica che non ha memoria, che é impreparata ma che usa l’arroganza come strumento di lotta politica, e che non ha senso dello Stato e delle Istituzioni, ricordiamolo, nate per servire il bene comune.

Il vero cambiamento non ci sarà nei partiti, né nella classe politica, ma ancora una volta dovrà partire dalla società civile che ha ancora risorse per progettare un Paese non legato a schemi passati ma aperto al futuro, innovativo, e soprattutto capace di dare senso ad una unità europea e planetaria.

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