“Disse (il Re) poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».” (Luca 19,11-28).
La versione di Luca dell’Evangelo di oggi si sposa con il testo di Matteo che abbiamo meditato domenica scorsa.
La particolarità dell’Evangelo di Luca è innanzitutto il re e non il padrone. Questo aspetto da ancora più autorevolezza al giudizio finale.
Al di là delle varianti rispetto all’Evangelo di Matteo quello che ci colpisce é che il re trova molta opposizione da parte dei suoi cittadini.
Questo aspetto ci fa pensare che il racconto sia teso a mettere in luce oltre alla fedeltà o alla infedeltà dei servi anche una presa di distanze ed una opposizione alla bontà del re, visto è considerato che il re riconosce a chi ha fatto fruttare il denaro il potere sulle città, una responsabilità enorme.
Resta sempre il fatto del terzo servo che é incapace di capire il bene ricevuto dal re. La sua paura si confonde con la trascuratezza di riconoscere la bontà del re.
In fondo il messaggio finale dell’Evangelo è un invito ad avere più cura del bene ricevuto e a farsi promotori di bene, perché il regno di D-o vuol dire rendere la presenza del Signore attraverso azioni responsabili e coraggiose.
Sulla sfondo di questo passa evangelico ci sta Gerusalemme. Gesù sale e ci ricorda che la vita, l’essere discepoli, costruire il bene e l’amore sono frutto di un cammino in salita.