Lc 6,6-11
Un altro sabato il Signore Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare.
C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!».
Si alzò e si mise in mezzo.
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?».
E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!».
Egli lo fece e la sua mano fu guarita.
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.
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“Gesù conosceva i loro pensieri”… Gli scribi e i farisei sono lì pronti ad accusare Gesù di guarire un uomo di sabato, violando la legge ebraica. Agli scribi e ai farisei non importa di quell’uomo, di chi sia, di come si senta, di cosa desideri.
Gesù, invece, lo mette al centro, come fa Dio con ciascuno di noi.
A Gesù importa! Gesù vuole prendersi cura di quell’uomo, perché gli sta a cuore il suo bene, la sua felicità.
Oggi vorrei soffermarmi su come molte volte fare il bene di chi ci sta davanti, compiere la scelta opportuna, donare un po’ di serenità al fratello, può essere più semplice di come noi ci immaginiamo.
Quante volte, proprio come i farisei, siamo troppo legati al “lecito”, al “conveniente”, al “cosa dirà l’altra persona/come considererà il mio aiuto” … quando, invece, basterebbe metterla al centro.
Se noi sapessimo fare come Gesù e mettere sempre l’altro al centro (anche prima di noi stessi), fare il suo bene sarebbe molto più immediato e semplice. Se noi sapessimo mettere l’altro, anche attraverso la preghiera, nel cuore di Gesù, ciò che è da farsi “brillerebbe luminoso”, senza farci travolgere da mille incertezze.
A proposito di questo vorrei citare il commento di S.Calvani, responsabile ONU in Italia, all’esperienza del SerMiG di Ernesto Olivero.
“(Il progetto di Ernesto) … è un progetto troppo semplice e per questo sorprendentemente geniale, da chiedersi perché non ci ho pensato io.
Dire un sì, e poi tanti sì, essere, vivere per gli altri senza troppe sofisticazioni. Per i grandi sociologi o futurologi della globalizzazione forse molte di queste note sembreranno
concetti di scuola elementare. E se fosse proprio così? Cioè se la semplicità fosse più adatta ai bisogni del mondo dell’estrema complessità? Quante volte nella vita abbiamo sperimentato che una briciola di azione positiva vale più di tonnellate di teorie.
(…) Alla fine ho scoperto che la creazione non è finita: è cominciata con un sì e milioni di anni dopo cammina ancora solo grazie a milioni di sì e all’amore”.