“Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!” (Luca 12,35-38).

“Voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini” (Efesini 2,12-22): con queste parole di Paolo agli abitanti di Efeso possiamo leggere la beatitudine della vigilanza e dell’essere sentinelle.

E come possiamo vivere la beatitudine della,vigilanza? Gesù ci sollecita ad avere i fianchi cinti e lampade accese. Queste due espressione si possono tradurre in responsabilità al servizio e al discernimento.

Essere sentinelle vigilanti, in un tempo come il nostro, significa essere capaci innanzitutto di servire le persone che sono nel bisogno. Abbiamo di fronte a noi un campo sterminato di attenzioni da rivolgere a persone sole, emarginate, che chiedono dignità. Ma il servizio lo possiamo svolgere in tutto il cosiddetto mondo dei beni comuni, della comunità ecclesiale e civile. Bisogna essere pronti a servire!

Essere sentinelle vigilanti, oggi, significa essere gente pensante, che riflette, che ha uno sguardo altro e alto della vita e di ciò che accade. Essere capaci di discernimento è la sfida più importante per capire il definito e l’indefinito di questo nostro tempo.

Questo passo evangelico in fondo è un invito alla responsabilità.

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