23/06/2020 – Martedì, Settimana della III dopo Pentecoste

Lc 6, 6-11

Un altro sabato il Signore Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo. Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano! ». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

 

Ancora una volta Gesù sorprende per la novità che porta nel rigido cuore dell’uomo. In questo caso Gesù mette alla prova i farisei, li mette davanti alla loro poca umanità.

Il Signore guarisce un uomo con la mano paralizzata in giorno di sabato, giorno in cui, nella cultura ebraica, bisogna astenersi da qualunque attività. La scelta è quella di ignorare la difficoltà di quell’uomo oppure aiutarlo. Gesù ancora una volta decide di mettere al centro la persona, di mettere al centro del suo fare
misericordioso e compassionevole la fragilità umana.

I farisei invece continuano a pensare che l’umanità fragile venga sempre dopo il precetto, anzi che debba esserne vittima. Vedono in quell’uomo non una persona da aiutare ma un peccatore da accusare, dato che queste malattie erano viste come una punizione di Dio per il peccato.

 

Nel nostro fare quotidiano quanto siamo capaci di mettere al centro le altre persone, vicine o lontane a livello di relazione? So mettere da parte la mia rigidità e le mie abitudini per farmi sostegno per l’altro?

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