24/04/2020 – S. Fedele da Sigmaringen e S. Benedetto Menni

Giovanni 3, 22-30

In quel tempo. Il Signore Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea, e là si tratteneva con loro e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione. Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire».

 

Gesù e Giovanni Battista sono all’opera contemporaneamente sulla riva del Giordano: entrambi battezzano.

L’azione e il successo di Gesù (“molti accorrevano a Lui”) sembra destabilizzare e suscitare invidia nei discepoli di Giovanni Battista.
Il Battista ribadisce il suo essere testimone chiamato a preparare la venuta del Signore. Viene definito “amico dello Sposo” (Gv 3,29). L’amico dello sposo è colui che ha un rapporto di intimità con lo sposo, è colui che gode per la sua vicinanza e gioisce.

STARE ACCANTO E GIOIRE sono verbi che il Vangelo di oggi ci consegna.

Siamo chiamati ad essere anche noi come l’amico dello Sposo che esulta di gioia all’arrivo dello sposo.
Siamo contenti che lo sposo è presente nella nostra vita? Siamo capaci di gioire per quello che di positivo succede agli altri?

“Egli deve crescere e io diminuire”: Giovanni è colui che gode perché l’Altro cresce e si afferma, mentre lui stesso diminuisce.
Tutto quello che facciamo, lo facciamo per il Signore e il suo Amore oppure per il nostro orgoglio e la nostra superbia e interesse?
Sappiamo rimpicciolirci e far spazio all’altro? O la scena è sempre occupata solo da noi?

Il tempo pasquale ci porti a conservare la voce dello sposo nel nostro cuore e a metterci a servizio dell’ALTRO che si è fatto nostro servo fino a dare la sua vita.

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