24/05/2020 – 7ª Domenica di Pasqua dopo l’Ascensione

Luca 24,13-35

In quello stesso giorno due discepoli del Signore Gesù erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

Felicemente noto e affascinante questo brano dei “discepoli di Emmaus”, ma potremmo dire di “noi discepoli”, che spesso ce ne andiamo delusi dalla vita, quando non accade ciò che vorremmo, quando ci sembra di vedere solo fallimento. Perché, in fondo, tutti abbiamo le nostre aspettative sulla vita, i nostri progetti… Nulla come questa pandemia ci ha insegnato che se non siamo capaci di guardare al futuro con uno sguardo fiducioso di amore verso Dio, rispetto per l’umanità, giustizia per il creato, il nostro presente non può essere buono (rileggiamo qualche brano della LaudatoSì, nel quinto anniversario della sua pubblicazione!). Se mettiamo davanti le nostre idee, il nostro interesse egoistico, allora non siamo aperti all’oggi di Dio; se il nostro cuore e le nostre agende sono pieni solo di noi stessi, non c’è spazio per altri e l’Altro.

Ed è ciò che accade ai due discepoli che, infatti, non riconoscono Gesù in quell’uomo che si affianca e cammina con loro. Quando chiudiamo gli altri nei nostri schemi, non possiamo veramente incontrarli e conoscerli, ma se gli diamo spazio, se sappiamo ascoltarli, allora i nostri occhi iniziano a vedere veramente, “ci si apre un mondo”.

Perché per vedere Gesù non bastano gli occhi del corpo, servono gli occhi del cuore e della fede: per noi oggi significa prestare ascolto alla Sua Parola e alla voce che sale dal povero, dal viandante, dal prossimo con cui condividiamo un pezzo della nostra strada, che siano i nostri familiari, i vicini di casa, gli amici, le persone sofferenti, un malato, il don… Quanta testimonianza di amore possibile e al tempo stesso straordinario ho visto e ricevuto in questi mesi, anche da persone impensabili…non posso proprio dire che Dio sia stato assente! Era lontano, era vicino? Rispondo: è PRESENTE! In modo che nessuno poteva prevedere, in effetti. Aperti all’imprevisto!

Dio si fa vicino, ci viene incontro, cammina con noi, è nostro compagno di viaggio, amico, maestro, confidente! Si fa vedere e ci dà la carica per farci brillare gli occhi, per farci sussultare il cuore, per darci la passione e vivere nell’amore! Per rimetterci in cammino e darci ancora Speranza, perché non c’è fallimento che il Signore non possa trasformare in occasione di annuncio e bene. Davvero grande la potenza di Gesù Risorto!

Questo brano ci ricorda, infine, che non dobbiamo mai scindere la mensa della Parola dalla mensa Eucaristica, cioè l’ascolto della Sacra Scrittura dalla Comunione fraterna all’interno della famiglia umana, della comunità cristiana. I grandi santi, come Madre Teresa o Giovanni Paolo II, di cui abbiamo ricordato in settimana il centenario della nascita, ce l’hanno testimoniato: capaci di tanto bene, perché hanno dedicato tanto tempo alla preghiera, al colloquio con il Signore e all’adorazione.

Ti chiedo, Signore, di rendermi donna di ascolto, di stupore, di preghiera perché possa diventare anch’io una compagna di viaggio, sorella, amica di coloro che mi metti sulla via della vita.

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