29/01/2023 – S. Famiglia di Gesù, Maria, Giuseppe

Luca 2, 22-33

In quel tempo. Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio «una coppia di tortore o due giovani colombi», come prescrive la legge del Signore.

 

 

Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.

 

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

 

 

«Ora puoi lasciare, o Signore,

 

che il tuo servo vada in pace,

 

secondo la tua parola,

 

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

 

preparata da te davanti a tutti i popoli:

 

luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

 

 

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.

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Tantissime sono le risonanze in me in questa domenica, dedicata alla festa della famiglia.

Il complicato filo rosso lo trovo oggi nel ritornello del salmo: “Vita e benedizione sulla casa che teme il Signore”.

Temere Dio, nella prima lettura (Sir 7,27 seg.) si concretizza con la serie di indicazioni pratiche di rispetto di persone, regole, buone prassi; nella seconda lettura (Col 3,12-21) con buoni rapporti in famiglia fra sposi, fra genitori e figli, carichi di obbedienza, dignità, amore, “sottomissione reciproca” ovvero essere accomunati dalla stessa sorte (“consorti” si chiamano anche gli sposi o “con-iugi” cioè sotto la stessa guida che li mantiene dritti sulla strada, senza deviare l’uno dall’altra, “giogo” che consente di camminare nella stessa direzione con un unico scopo comune).

Nel Vangelo, timore di Dio di Simeone, ovvero riconoscimento della presenza di Dio nel bimbo divino davanti a sé. Un’altra “epifania”..

Vita e benedizione su Simeone, di cui ricordano tratti delicati e importanti, “uomo giusto e pio” “che aspettava la consolazione di Israele” e in 3 versetti si ripete per tre volte la presenza dello Spirito nella sua vita (vv.26-28); accoglie il bimbo Gesù in un abbraccio e benedice Dio tramite il noto “Cantico di Simeone” (ringrazio i miei “fratelli di Spello” per avermi insegnato una melodia nuova!), che la Liturgia delle Ore colloca alla fine della giornata, come preghiera di “ringraziamento” e “congedo”, propria di chi, al termine del tempo concesso, un giorno o una vita, (si dice Simeone fosse alla fine della sua vita), affidala sua esistenza nelle mani di Dio.

E mi piace immaginare questo scambio – come è un abbraccio a tutti gli effetti, in quanto due persone che si abbracciano si donano reciprocamente l’uno all’altro- come accoglienza del Signore da parte di Simeone che gli offre la sua vita e come benedizione di Dio per questo uomo anziano! Che tenerezza infinita!

E riprendo, allora, la prima parte di Colossesi 3, dove trovo quel meraviglioso elenco di sentimenti così umani e così divini, che sempre lasciano me in silenzio, io che zitta non riesco stare (quasi) mai: TENEREZZA (e non posso non pensare alle sagge parole, profondamente umane di don Tony su Facebook, che sono una carezza per l’anima!), BONTA’, UMILTA’, MANSUETUDINE, MAGNANIMITA’.. forse mi lasciano stupita perché non ne sono tanto capace (quasi per nulla!), forse perché è vero che la bontà disarma (come ricorda la scritta sul muro all’ingresso del SerMiG a Torino), forse perché sono quei gesti che smuovono le mie profondità, facendo emergere delicatamente il sentimento buono che talvolta faccio inabissare dentro di me.

Allora ringrazio per quelle tenere mie studentesse che mi vogliono bene e me lo dimostrano affettuosamente, e chiedo di imparare da loro a “rivestirmi” di carità (Col 3,14) e di grazia, per essere una persona più “grazievole” anche io, cosicchè diventi anche il mio “abito”, abitudine.

 

La pace di Cristo regni nei nostri cuori perché ad essa siete stati chiamati in un SOLO CORPO” (v.15)

Non mi resta che continuare a pregare per l’unità di tutti i cristiani -anche se la settimana di preghiera è terminata mercoledì- e per la Pace (shalom= pace, è Vita e benedizione!), non solo a Gennaio (mese dedicato dall’AC a questa intenzione), non come spot, ma proprio perché sia un abito giornaliero! Non solo per gli ucraini e i russi, ma per le nostre famiglie, per le nostre case.

 

..E scusate, gli affetti familiari non sono un buon modo per “manifestare” l’amore di Dio!? Buona domenica in famiglia!

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