“Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».“ (Matteo 2,13-15.19-23).
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Il ritorno della famiglia di Gesù a Nazareth, in Galilea, che Matteo racconta, ci aiuta a comprendere le difficoltà della vita.
La famiglia di Nazareth non è stata esentata dal sacrificio, dal sentirsi emigrata, dall’essere condizionata dalla paura della violenza, dal camminare lungo vie tortuose e difficili.
Dal deserto del Sinai a Nazareth sono oltre cinquecento chilometri. Ci vogliono giorni e giorni di cammino. Questo ci dovrebbe far pensare alla fatica di ritornare.
Nell’Evangelo di oggi il silenzioso Giuseppe è protagonista di questo trasferimento. I suoi sogni sono fondamentali per arrivare alla meta.
Nei sogni di Giuseppe c’è il senso di protezione, di dare sicurezza, di proteggere, di costruire una vita di famiglia degna delle più alte aspirazioni.
Anche noi dovremmo aspirare, con sacrificio e amore, alle esperienze più alte nel progetto della nostra vita, mettendo il massimo impegno per raggiungere la meta di una vita dedicata, dove il Signore abita in noi.