“Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato… Altrimenti, cancellami dal tuo libro che hai scritto!».
Il Signore disse a Mosè: «Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco, il mio angelo ti precederà; nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato».” (Esodo 32,15-24.30-34).
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La storia del vitello d’oro rappresenta una caduta non solo di stile ma una velleità.
Il popolo, smemorato, è stato liberato dalla schiavitù, ma non riconosce più la presenza di D-o, vuole farsi un dio a propria misura. Mosè è adirato per questo fatto e dopo essere disceso dal monte con le tavole scritte da D-o stesso, le scaglia e le manda in frantumi.
Il Signore aiuta Mosè a non farsi troppe colpe. Il suo compito vero é di andare avanti e di aiutare a ritrovare il rapporto con D-o, l’Altissimo.
Il peccato grande viene cancellato aiutando le persone a riscoprire il senso essenziale della fede che si fonda sulla piccolezza.
É questo che ci racconta l’Evangelo di oggi (Matteo 13,31-35) ricordandoci dal più piccolo dei semi di senape nasce perfino un albero che è dimora dei nidi degli uccelli.
Dalle cose piccole si scopre la presenza del Signore, non con le provocazioni, le sostituzioni e nemmeno bastando a se stessi, ma assumendo il coraggio dell’essenziale, il coraggio del riconoscere la piccolezza come fonte di sviluppo del regno di D-o.
Immagine: Rembrandt – Mosè con le tavole della Legge – olio su tela – Staatliche Museum – Berlino