18/03/2020 – Mercoledì 3ª di Quaresima

Mt 6, 19-24

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra! Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

 

Questo brano del vangelo è inserito nel “discorso della montagna” e racconta del rapporto dell’uomo con i beni materiali e rispetto alle sue relazioni.

La riflessione verte sul riuscire a vivere la paternità di Dio nel rapporto con le cose e con le persone. La vita spirituale, infatti, non è diversa dalla vita materiale, ma è come si vive la vita materiale. Vivere una vita di Spirito, significa vivere il materiale con lo Spirito del figlio di Dio. Se vivo il mio rapporto con le cose e con gli altri accumulandoli, allora non sto vivendo da figlio di Dio: la mia vita dipende da ciò che accumulo e non sono un uomo libero, sono grigio, spento, prigioniero, vivo nelle tenebre.
Se invece vivo le mie relazioni e il mio rapporto con le cose come doni e segni dell’amore del Padre, allora sì che sto proteggendo la mia vera essenza, quella di figlio di Dio.

La vita dei figli di Dio è una vita di libertà, pienezza, speranza, è una vita luminosa che riconosce i suoi tesori e li condivide con i fratelli.
Abbiamo il coraggio di scegliere questa vita? E Cosa e Chi mettiamo al centro della nostra vita?
Quale è il tesoro della nostra vita? Cosa desideriamo (de siderum= che viene dalle stelle, qualcosa di grande e di prezioso) per la nostra vita?

Affidarsi allo Spirito
“Affidarsi allo Spirito significa riconoscere
che in tutti i settori arriva prima di noi,
lavora più di noi e meglio di noi;
a noi non tocca né seminarlo, né svegliarlo,
ma anzitutto riconoscerlo,
accoglierlo, assecondarlo, seguirlo.
Anche nel buio del nostro tempo,
lo Spirito c’è e non si è mai perso d’animo:
al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvolge,
arriva là dove mai avremmo immaginato…”
(Carlo Maria Martini)

17/03/2020 – Martedì 3ª di Quaresima

Mt 6, 16-18

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

 

Il digiuno ricorda da sempre una prova di purificazione a partire dal vivere l’essenzialità e dall’astenersi da qualcosa. Nell’essenzialità si può ritrovare ciò che conta davvero nella nostra vita: è quindi un buon allenamento per fare pulizia in questo tempo di tutte quelle sovrastrutture e quelle maschere che spesso ci troviamo ad indossare.

Digiunare in questo caso significa, quindi, digiunare da tutto ciò che non ci fa essere profondamente noi stessi, digiunare da tutto ciò che ci allontana da quello a cui siamo chiamati: amare incondizionatamente.

La Quaresima è tempo di grazia e di silenzio: sfruttiamolo per scendere nel profondo di noi stessi, digiunando da parole superflue e ricercando Colui che ci parla di una vita piena e di speranza.

Fai attenzione
Fai attenzione ai tuoi pensieri, perché diventano parole.
Fai attenzione alle tue parole, perché diventano le tue azioni.
Fai attenzione alle tue azioni, perché diventano abitudini.
Fai attenzione alle tue abitudini, perché le tue diventano il tuo carattere.
Fai attenzione al tuo carattere, perché diventa il tuo destino.

 

16/03/2020 – Lunedì della 3ª di Quaresima

Mt 6, 7-1

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe»

 

Gesù, donandoci il Padre Nostro, ha tracciato una strada verso la preghiera.
“Esso non è tanto una preghiera finita ma una strada per la preghiera(..) Più che una preghiera preconfezionata, è una preghiera da sviluppare. Più che una preghiera da -dire- è una preghiera da – fare-. Il “Padre Nostro” non si può recitare, bisogna pensarlo, penetrarlo, perché è un programma di vita.” (Andrea Gasparini, “Padre Nostro, Conversazioni con i giovani”)

Per prima cosa “Padre” , per ribadire l’amore che ci lega a Dio e subito dopo si dice “nei cieli” per sottolineare la sua grandezza e la straordinarietà dell’esserci venuto incontro in forma umana.
Il versetto 10 è considerato, poi, il centro del Padre Nostro: è riconoscere la signoria di Dio nella nostra vita e chiedere di poter amare sempre come Lui ci ama, con l’accento che Lui dà all’amare.

Dire “Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà” è l’impegno di ogni uomo ad accettare Dio nella propria vita, ad accettare i propri limiti, a diventare semplici e fiduciosi, ad entrare con decisione nel mondo dei fatti, a scegliere la via della carità e del perdono e rompere con i compromessi e le comodità della vita mediocre.

Questo affidarci completamente a Dio non sarebbe possibile però senza saper chiedere e riconoscere “il pane quotidiano”, che Dio ci riserverà, così come veste i gigli del campo e nutre gli uccelli del cielo (Mt 6 25-34).

Infine, la conclusione di questa splendida preghiera ci ricorda che il Perdono è cardine della scelta di vita cristiana: Dio insegna la via del perdono e così ci libera dal male, per questo anche noi siamo inesorabilmente chiamati al perdono di noi stessi e degli altri nostri fratelli.

Salmo 16
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu,
solo in te è il mio bene».
Agli idoli del paese,
agli dèi potenti andava tutto il mio favore.
Moltiplicano le loro pene
quelli che corrono dietro a un dio straniero.
Io non spanderò le loro libagioni di sangue,
né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi.
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi:
la mia eredità è stupenda.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.

Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra

15/03/2020 – Domenica di Abramo – 3ª di Quaresima

Continuiamo a vivere questa particolare forma di Quaresima, leggendo con gioia i commenti preparati dai giovani ambrosiani, che potere trovare anche sul sito azionecattolicamilano.it

Gv 8, 31-59
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo? ». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

In questo brano i dialoghi sono molto serrati, è un botta e risposta Giudei-Gesu ed in particolare è un invito a vivere la nostra fede oltre le etichette. I Giudei si pensano salvati per il semplice fatto di essere discendenti di Abramo, ma Gesù mette in luce il fatto che non basti avere questa paternità abramitica: serve, invece, mettere in pratica concretamente il Regno di Dio e le sue opere.

La fede è una continua ricerca che, per sua natura stessa, ha bisogno di rinnovarsi continuamente e di non sentirsi mai “arrivata”. Gesù in questo ci è alleato: Lui proclama una novità rivoluzionaria nel vivere la fede e la nostra vita intera. I Giudei non riconoscono Gesù nella sua umana divinità e questo li allontana da Lui e dal Padre.

Quante volte noi non riusciamo a vedere Dio nella nostra vita? Quante volte non lo riconosciamo in chi e cosa abbiamo intorno? Talvolta anche noi ci comportiamo come i Giudei: ci riteniamo salvi solo per la nostra adesione ai precetti ed al rispetto formale di essi.

Gesù ci sprona a vivere la fede in maniera più incisiva, totalizzante. L’investimento che Gesù richiede è un investimento di tutta la nostra vita: a noi il compito di scoprire i segni dello Spirito che ci conducano alla realizzazione di tale investimento.

 

Signore,
insegnami a essere generoso,
a servirti come lo meriti,
a dare senza contare,
a combattere senza pensiero delle ferite,
a lavorare senza cercare riposo,
a prodigarmi senza aspettare altra ricompensa,
con la coscienza di fare la Tua santa volontà.
(S. Ignazio)

14/03/2020 – Sabato 2ª di Quaresima

Mc 6, 1b-5

In quel tempo. Il Signore Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data?
E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato
se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì.

“Sappiamo già tutto di lui”: questo è il riassunto delle osservazioni della folla su Gesù.
Pensano di avere un quadro completo, non accettano che ci sia qualcosa che a loro ancora sfugge, che esce dall’immagine che hanno di quel Nazareno. A volte anche noi corriamo questo rischio, nell’ascolto della parola di Dio o di chi ne parla: “ho già sentito tutto”. Eppure,
uno dei motivi per cui il Vangelo non cessa di essere un best-seller è proprio che il suo messaggio continua a rivelare sorprese, a dare nuovi significati a seconda dello stato d’animo o della situazione in cui ci troviamo.

A volte questo atteggiamento capita anche con i fratelli, quando non ascoltiamo fino in fondo chi cerca di aprirsi, di raccontarci qualcosa di sè o per noi. Non è facile ascoltare veramente quando pensiamo di sapere già cosa ci verrà detto, attitudine da eliminare per non rischiare di perderci qualcosa di importante per noi o per chi lo racconta.

Padre Buono, che ami tutte le tue creature e desideri farne la tua dimora,
donaci un cuore che ascolti, capace di posarsi sul cuore di Cristo e battere al ritmo della vita.
Signore Gesù, amante della vita, allargaci il cuore della tua misura;
raccontaci il tuo desiderio e compilo nella nostra carne.
Sprigiona in noi le energie della tua risurrezione e contagiaci di vita eterna.
Spirito Santo, ospite atteso, vieni e mostraci la bellezza di una vita che appartenga tutta a Cristo.
A te, Maria, Madre sempre presente, affidiamo il desiderio di Pienezza che attende di esplodere dentro il cuore di molti giovani. Tu che hai accolto l’Inedito, suscita anche in noi l’audacia del tuo Sì. Amen.
(1Re 3,9)

13/03/2020 – Feria Aliturgica

Salmo 50

Sì, le mie iniquità io le riconosco,

il mio peccato mi sta sempre dinanzi.

Contro di te, contro te solo ho peccato,

quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto…

… ma tu vuoi la sincerità del cuore

e nell’intimo mi insegni la sapienza…

 

Quante volte davanti ad uno sbaglio fatto alziamo le spalle e diciamo, “ma sì tanto…”

Forse è arrivato il momento anche per me di accorgermi degli errori che ho fatto. Questi versetti ci introducono ad intraprendere un cammino, durante tutta la Quaresima, che ci porta al perdono.

Mi rendo conto che ho sbagliato. Il primo passo da fare è il riconoscimento di una situazione, essere sincero con se stesso per esserlo con gli altri e con Dio.

12/03/2020 – Giovedì 2ª di Quaresima

Mt 6, 1-6

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Questa strana situazione vissuta in queste settimane a causa delle disposizioni di salute, può essere una interessante occasione per verificarsi sulla propria fede.

Sicuramente il cristianesimo ha una forte dimensione comunitaria, che aiuta nella ricerca di Dio e nella cura tra i fratelli, ma la sfera individuale non cessa di essere importante. Siamo riusciti a mantenere vivo il comandamento di santificare delle feste anche senza la possibilità di andare a Messa? O una volta venuto meno l’invito al ritrovo la domenica diventa un giorno come gli altri?

Non dimentichiamo mai che “il Padre vede nel segreto” e “Dio conosce il cuore di ognuno” (Lc 16,15), pertanto non dobbiamo mai sentirci a posto con noi stessi una volta compiuti quei gesti che sono la Messa e tutte le altre attività che svolgiamo in parrocchia.

Ricordiamo che “non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del padre mio”; l’indirizzo che diamo al nostro cuore e alle nostre intenzioni è quello che fa la differenza, molto più che vivere in modo vuoti i gesti della fede.

Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata senza voler risolvere i problemi della mia vita tutti in una volta.
Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà, non alzerò la voce, sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno, non cercherò di migliorare o disciplinare nessuno, tranne me stesso.
Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo.
Solo per oggi mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino ai miei desideri.
Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a sedere in silenzio ascoltando Dio,
ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così il silenzio e l’ascolto sono necessari alla vita dell’;anima.
Solo per oggi compirò una buona azione, e non lo dirò a nessuno.
Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò perfettamente, ma lo farò. E mi guarderò dai due malanni: la fretta e l’indecisione.
Solo per oggi, saprò da profondo del cuore, nonostante le apparenze, che l’esistenza si prende cura di me come nessun altro al mondo.
Solo per oggi non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere nell’Amore.
Posso ben fare per 12 ore ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare per tutta la vita.
(Papa Giovanni XXIII)

11/03/2020 – Mercoledì 2ª di Quaresima

Mt 5, 38-48

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e
toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”.
Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

In questi pochi versetti è concentrato il fulcro del Vangelo, ovvero suggerimenti concreti per attuare l’omnicomprensivo comandamento dell’amore (Cf. Gv 15,12-17).

È interessante come emerga che non basta essere “brave persone” o “non fare nulla di male” per mettere in pratica il Vangelo ed essere dunque cristiani, ma bisogna fare qualcosa di più (“siamo servi inutili, abbiamo fatto tutto quello che ci è stato chiesto” Lc 17,7-10).

Serve fare del bene, serve mettere l’altro prima di te, disarmarlo con un atteggiamento di dono totale che passa da pacifismo e generosità a prescindere da chi sia l’altro e dalla condizione in cui ci si trova.
Gesù non definisce condizioni nelle quali mettere in atto questi gesti, si tratta di una attitudine totale di cura e amore verso l’altro, chiunque egli sia: un amico, un parente, un povero, un immigrato, un collega, un superiore.

La difficoltà di fare tutto ciò è enorme, ma la promessa di trovare la felicità nel vivere in questo modo in ci spinge a provarci. E i santi del passato e del presente possono confermare come sia davvero così.

O Signore, fa di me uno strumento
della tua Pace:
Dove è odio, fa ch’io porti l’Amore.
Dove è offesa, ch’io porti il Perdono.
Dove è discordia, ch’io porti l’Unione.
Dove è dubbio, ch’io porti la Fede.
Dove è errore, ch’io porti la Verità.
Dove è disperazione, ch’io porti la Speranza.
Dove è tristezza, ch’io porti la Gioia.
Dove sono le tenebre, ch’io porti la Luce.
O maestro, fa ch’io non cerchi tanto:
Ad essere consolato, quanto a consolare.
Ad essere compreso, quanto a comprendere.
Ad essere amato, quanto ad amare.
(S. Francesco)

 

10/03/2020 – Martedì 2ª di Quaresima

Mt 5, 31-37

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno».

Anche in questo brano Gesù propone un passo ulteriore rispetto alla legge antica, che era stata data da Dio agli uomini “a causa della durezza del loro cuore”. Cristo invece ci ricorda che l’uomo non è fatto per le regole, ma le regole sono fatte per l’uomo (Cf. Mc 2, 23-28). I binari su cui si muove sono quelli della cultura ebraica, per noi lontana: la concezione ancora maschilista del matrimonio e il grande valore del giuramento per noi non sono più attuali.

Si coglie però un invito a riconoscere la piccolezza dell’uomo, il quale ha potere limitato persino su sé stesso, e a essere persone trasparenti e oneste. Nella pratica, l’invito a dire solo “sì” o “no” si traduce nell’evitare di essere malevoli, di parlare alle spalle, di insinuare falsità, di parlare tra le righe per ingannare o mettere in difficoltà l’altro.

Vieni, o Spirito Santo
e donami un cuore puro,
pronto ad amare Cristo Signore
con la pienezza, la profondità e la gioia
che tu solo sai infondere.
Donami un cuore puro,
come quello di un fanciullo
che non conosce il male
se non per combatterla e fuggirlo.
Vieni, o Spirito Santo
e donami un cuore grande,
aperto alla tua parola ispiratrice
e chiuso ad ogni meschina ambizione.
Donami un cuore grande e forte
capace di amare tutti,
deciso a sostenere per loro
ogni prova, noia e stanchezza,
ogni delusione e offesa.
Donami un cuore grande,
forte e costante fino al sacrificio,
felice solo di palpitare con il cuore di Cristo
e di compiere umilmente, fedelmente
e coraggiosamente la volontà di Dio.
Amen.
(Paolo VI)

09/03/2020 – Lunedì 2ª di Quaresima

Mt 5, 27-30

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo,
cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che
tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna».

Dal Vecchio al Nuovo testamento avviene un passaggio da forma a sostanza, da superficie a profondità, da azione a intenzione. Con questo si intende che il messaggio evangelico si distacca dalla interpretazione strettamente rigorosa e letterale della Scrittura, a favore di una lettura antropocentrica e impostata sempre in riferimento al comandamento dell’amore.

Si pensi all’episodio dell’adultera: “neanch’io ti condanno, va’ e non peccare più” (Gv 8,1-11) oppure a tutto il capitolo 15 di Matteo (“non è ciò che entra nella bocca a rendere impuro l’uomo”). La formalità vuota di farisei e scribi diventa insignificante rispetto alla sincerità del
cuore della povera vedova che getta poche monetine nel tesoro del tempio (Mc 12,41-43) o del pubblicano che si batte il petto penitente (Lc 18,9-14). Il giorno santo del sabato smette di essere un insieme di regole e formalità, diventando un’occasione per incontrare il Signore e fare del bene.

Le azioni cessano di avere un peso per sé stesse e diventa fondamentale l’intenzione dietro ad esse, che assume addirittura la stessa importanza. Perciò risulta fondamentale controllare i desideri del cuore ancora prima di attuarli, tanto che Gesù ci invita a liberarci di tutto ciò che indirizza verso una direzione sbagliata. La forza del linguaggio utilizzata (“taglia la tua mano, cava il tuo occhio”) ci trasmette la radicalità di quest’invito.

O Gesù benedetto, fa’ che la mia anima si calmi in te. Fa’ che la tua calma potente regni in me. Governami, re della calma, re della pace. Dammi controllo, controllo sulle mie parole, sui miei pensieri e sulle mie azioni. Liberami, amato Signore, da ogni irritabilità, da ogni
mancanza di mansuetudine e di dolcezza. Per la tua profonda pazienza, concedimi la pazienza, la quiete dell’anima in te. Fa’ che in questo e in tutto sia simile a Te. Amen.
(San Giovanni della Croce)