06/01/2019 – Epifania del Signore

“Al vedere la stella provarono una gioia grandissima .. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, si prostrarono e lo adorarono”

(Mt 2,1-12)

Mi fermo ancora una volta in silenzio di fronte a questo brano. Forse è già un primo passo per imparare quell’atteggiamento di contemplazione (guardare al “recinto di cielo” ovvero il templumin cui gli auguri osservavano il volo degli uccelli nell’antichità) e adorazione (portare alla bocca), mostrato oggi dai Magi nell’incontro con Gesù. 

Per noi cristiani non serve più guardare necessariamente al Cielo per sperare in una vittoria o di conoscere il nostro “destino” (o all’oroscopo, come molti fanno in questi giorni di inizio anno), perché il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è sceso su questa terra per vivere in mezzo a noi e indicarci la Via! Lui ci ha salvato dalla disperazione e dalla solitudine! Lui ci ha mostrato il volto di un Dio che è Padre e ama tutti i suoi figli, sì, tutte le genti! Non fa distinzione di popoli, colore di pelle, nazionalità, continente, Lui vuole che proprio tutti conoscano il suo Amore tramite Suo Figlio Gesù! (siamo noi, purtroppo che facciamo distinzione, etichettiamo…)

Ecco allora cosa ci ricorda la presenza dei Sapienti (i Magi), venuti da Oriente o da lontano (Mt 2,1 e Is 60,4), ovvero dai posti lontani allora conosciuti, luoghi culla delle civiltà “scientifiche”, dove si studiava il Cielo, intuendo una corrispondenza con la terra, con la consapevolezza che l’uomo dipende da Altro, non governa il mondo, non può determinare il corso della storia da solo…. ecco perché “sapienti”, perché in grado di mettersi in cammino, ovvero cercare la verità dell’uomo e riconoscersi umili di fronte a quel Bambino, che è molto più della risposta alle domande dell’uomo, è un Dono del Cielo inaspettato, di fronte al quale “prostrarsi e adorare” (Mt 2,11).

Per cercare e osservare, occorre anche per noi recuperare lo stupore (“Alza gli occhi intorno e guarda” (Is 60,4), la sana curiosità di farsi domande e impegnarsi a studiare, trovare le risposte e, una volta trovate, “abbassarsi” e lodare.

Oggi (magari prima di disfare il presepe) mi fermo e contemplo Gesù Bambino, perché “è apparsa la grazia di Dio, che porta a salvezza tutti gli uomini” (Tt 2,11) poiché “Egli ha dato se stesso per no” (Tt 2,14).

Chi sono le nostre “stelle” che ci guidano nel cammino verso la Verità, di noi stessi e di Dio? Seguiamole! Ed allontaniamoci dagli “Erode” che ci ingannano. Riconosciamo la Luce che Gesù è venuto a portare nella nostra vita, anche per ogni giorno di questo nuovo anno?

Nella Lettera a Tito (Tt 3,1-3) alcuni suggerimenti per chi non avesse ancora fatto i buoni propositi per il 2019: essere pronti per ogni opera buona, non parlar male di nessuno, evitare le liti, essere mansueti e miti verso tutti.

BUON CAMMINO!

05/01/2019 – Sabato prima dell’Epifania

Giovanni 1, 29a. 30-34

“Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele.”

Alla soglia dell’Epifania del Signore, il Vangelo presenta Giovanni che parla di un altro importante momento di manifestazione per Gesù: il suo battesimo, che vede tra protagonisti proprio Giovanni.

Qui Giovanni parla di Gesù come di qualcuno che è avanti a lui, che l’ha preceduto (eppure temporalmente sarebbe Giovanni il precursore di Gesù), qualcuno che però lui non conosceva. Mi colpisce questo particolare, cioè il fatto che Giovanni non conoscesse Gesù all’inizio della sua missione, se non attraverso un annuncio.
Giovanni ha dunque concretizzato l’invito a battezzare con acqua, in attesa della manifestazione di qualcuno di cui sapeva poco o nulla. Quanta fiducia in quest’uomo che ha dato alla sua attesa il senso dell’umiltà, dell’annuncio della venuta di Gesù, “Agnello di Dio”, alla cui ombra ha sempre cercato di restare per annunciarlo degnamente: “Lui deve crescere, io diminuire”.

La figura di Giovanni incarna per me un atteggiamento di testimonianza che si snoda, sì, attraverso uno dei momenti più significativi circa la manifestazione di Gesù agli uomini (il battesimo al Giordano), ma che si radica in una fiducia che precede la conoscenza diretta e ha i caratteri dell’umiltà, della semplicità e dell’accettazione consapevole della propria missione di “preparazione della strada”.
Credo non sia un caso che nei giorni della sua nascita Gesù si manifesti, tra i primi, ai pastori e ai Magi, anch’esse figure emblematiche quanto ad attesa, fiducia, umiltà, ricerca.

04/01/2019 – Venerdì prima dell’Epifania

Luca 3, 23-38

Il Signore Gesù, quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent’anni ed era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli, figlio di Mattat, figlio di Levi, figlio di Melchi, figlio di Innai, figlio di Giuseppe, figlio di Mattatia, figlio di Amos, figlio di Naum, figlio di Esli, figlio di Naggai, figlio di Maat, figlio di Mattatia, figlio di Semein, figlio di Iosec, figlio di Ioda, figlio di Ioanàn, figlio di Resa, figlio di Zorobabele, figlio di Salatièl, figlio di Neri, figlio di Melchi, figlio di Addi, figlio di Cosam, figlio di Elmadàm, figlio di Er, figlio di Gesù, figlio di Elièzer, figlio di Iorim, figlio di Mattat, figlio di Levi, figlio di Simeone, figlio di Giuda, figlio di Giuseppe, figlio di Ionam, figlio di Eliachìm, figlio di Melea, figlio di Menna, figlio di Mattatà, figlio di Natam, figlio di Davide, figlio di Iesse, figlio di Obed, figlio di Booz, figlio di Sala, figlio di Naassòn, figlio di Aminadàb, figlio di Admin, figlio di Arni, figlio di Esrom, figlio di Fares, figlio di Giuda, figlio di Giacobbe, figlio di Isacco, figlio di Abramo, figlio di Tare, figlio di Nacor, figlio di Seruc, figlio di Ragàu, figlio di Falek, figlio di Eber, figlio di Sala, figlio di Cainam, figlio di Arfacsàd, figlio di Sem, figlio di Noè, figlio di Lamec, figlio di Matusalemme, figlio di Enoc, figlio di Iaret, figlio di Maleleèl, figlio di Cainam, figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio.

Il brano del Vangelo di oggi, ad un primo sguardo, può apparire poco significativo e può sembrare solamente uno sterile elenco di nomi. Tuttavia, questo brano nasconde un significato profondo ricco di bellezza e di amore: ci ricorda infatti che Gesù, che si fa uomo, entra a far parte della storia degli uomini. La genealogia di Gesù ci mostra come Gesù si inserisce nella storia di Israele e addirittura in una famiglia, quindi Egli entra pienamente nella condizione umana.

Inoltre, vediamo che la genealogia di Gesù risale fino ad Adamo, il primo figlio di Dio, il cui nome significa proprio “uomo terreno, umanità”. E’ interessante notare come l’evangelista Luca scelga di risalire fino ad Adamo, mentre ad esempio l’evangelista Matteo si fermi ad Abramo. Luca sottolinea quindi ancor di più l’umanità di Gesù e il suo radicarsi nella storia dell’uomo.

Anche noi oggi potremmo ripensare alla nostra personale storia, a come anche noi siamo stati inseriti in una storia e la nostra fede sia nata e cresciuta nella nostra famiglia.

Sarebbe bello ricordare nella preghiera di oggi coloro che per noi sono stati padri e madri, non solo di sangue ma anche padri e madri nella fede, e che ci hanno accompagnato nel cammino compiuto fino ad oggi. Il nostro cammino, infatti, non sarebbe certamente stato lo stesso se non fossimo stati anche noi parte di una storia e di una famiglia.

03/01/2019 – Giovedi nel Tempo di Natale

Luca 2,36-38

“Parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”

Alle parole di Simeone (vv. 33-35) dure, di “contraddizione” e di “spada”, fanno seguito quelle di consolazione e gioia della profetessa Anna. In linea con la tradizione ebraica, il nome della sacerdotessa e dei suoi avi non sono privi di significato: Anna vuol dire “Dio fa grazia”, Fanuele “Dio è luce” e Aser “felicità”.

All’interno della pericope evangelica, la presenza di tali nomi illumina e immerge tutto nello splendore della grazia e della misericordia di Dio. Sì, il tempo messianico è tempo di luce piena! Anna viene presentata come fulgido esempio di vedova cristiana ovvero, usando le parole San Paolo, come colei che “ha messo la speranza in Dio e si consacra all’orazione e alla preghiera giorno e notte” (1Tm 5,5).
Guidata dallo Spirito Santo, Anna riconosce, oltre il velo della carne, in quel bambino portato da Maria al tempio, il Messia delle Scritture. La bellezza di questo incontro con il Dio bambino fa sciogliere la lingua della profetessa in un inno di lode e la spinge a parlare continuamente di Gesù a tutti quelli che aspettano “la redenzione di Gerusalemme” (v. 38).

Un ultimo aspetto è la centralità del tempio di Gerusalemme, luogo in cui si intrecciano la contraddizione nei confronti di Gesù e l’accoglienza nella fede, la condanna e la salvezza, la caduta e la risurrezione.

Concedi anche a noi, Signore, lo sguardo di fede di Anna, uno sguardo capace di scorgere dietro un gesto umano ed umile, come quello di un bambino nelle braccia di sua madre, la presenza del Salvatore del mondo.

02/01/2019 – Mercoledi del Tempo di Natale – S.S. Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno

Luca 2,28-32

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

Oltre all’ambiente familiare, Gesù ha conosciuto anche un ambiente sociale e religioso in cui è stato inserito fin dalla sua nascita. E così al compimento degli otto giorni egli viene circonciso, con il gesto che lo rende appartenente al popolo dell’alleanza; poi al quarantesimo giorno Maria e Giuseppe, in obbedienza alla Legge, lo portano al tempio di Gerusalemme «per presentarlo al Signore». E al tempio il riconoscimento di Gesù avviene ad opera di Simeone e Anna, due anziani credenti che vivono la condizione di «poveri del Signore», quell’umile resto di Israele che confidava solo nel Signore e attendeva la venuta del suo Messia.
Illuminato dallo Spirito santo, Simeone accoglie tra le sue braccia il bambino e scioglie a Dio il suo canto di benedizione: egli ormai può morire in pace, perché i suoi occhi hanno contemplato in Gesù la salvezza di Dio, colui che è «luce per la rivelazione alle genti e gloria del popolo di Israele». I due anziani profeti non «trattengono» per sé Gesù ma si rallegrano di condividere con tutti la rivelazione della salvezza compiutasi in questo bambino, una salvezza a caro prezzo: per questo Gesù è definito da Simeone «segno che sarà contraddetto, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori»…
Sì, fin dai primi giorni terreni di Gesù, un neonato ancora incapace di parlare, si manifesta nella storia il disegno d’amore realizzato da Dio attraverso di lui: la venuta del Figlio di Dio nella carne «ci insegna a vivere», facendo della vita un cammino di obbedienza alla nostra condizione di creature volute e amate da Dio; e ci insegna a morire, facendo liberamente della nostra morte un atto d’amore per Dio e per i fratelli, alla sequela di Gesù.

01/01/2019 – Ottava del Natale del Signire – Circoncisione

Luca 2, 18-21

“In quel tempo. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo”.

Due sono gli atteggiamenti da coltivare nel nostro animo.
Maria custodisce tutte le cose meditandole nel suo cuore.
Custodisce la testimonianza dei pastori: Gesù è il liberatore, il Salvatore, è colui che dona la pace.
Maria custodisce nel suo cuore il suo Sì che è germogliato e ha dato vita a Gesù.
“Beata colei che ha creduto all’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”(Lc 1, 45)
Maria ha accolto la Parola che è diventata carne nel suo grembo.
Accogliere, ascoltare, far germogliare il seme della Parola. Ecco il compito per il nuovo anno: essere fecondi,
generativi, trovare occasioni per custodire la Parola.

L’altro atteggiamento da coltivare è lo stupore: “tutti si stupirono, erano meravigliati delle parole del pastore”.

Questi atteggiamenti ci aiutano a costruire la pace. Oggi, primo giorno dell’anno, preghiamo per il dono della pace. Dal messaggio del Papa si legge….
La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria:
– la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;
– la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé;
– la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire.

Buon anno!

31/12/2018 – VII Giorno dell’Ottava di Natale – S. Silvestro

Luca 2, 33-35

In quel tempo. Il padre e la madre del Signore Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

Stiamo ancora respirando il clima di tenerezza del vero Natale di Gesù e quello superficialmente edulcorato della nostra società consumistica ed ecco che arriva questo Vangelo che ci scompiglia le carte ancora una volta! Chissà che terremoto di sentimenti e di domande che Maria e Giuseppe avranno provato durante l’incontro con Simeone, uomo giusto, perché illuminato dallo Spirito Santo e perciò uomo vero e pieno di gioia e prova ne è il bellissimo cantico ( il Cantico di Simeone, appunto), che la Chiesa prega ogni giorno nella compieta.
Eppure, dopo aver benedetto Maria, pronuncia parole dure. Perché questa durezza? Gesù è segno di contraddizione, perché finalmente Dio entra nell’umano e smaschera la nostra ambiguità, apre i nostri occhi miopi sulla realtà e il nostro cuore chiuso e storto su noi stessi, per donarci la libertà e la dignità di ogni figlio di Dio, desiderato, incessantemente cercato e infinitamente amato da Lui!
Il cammino non sarà indolore; tutti noi conosciamo bene, come Maria, le stilettate di una spada che trafigge l’anima, ma, uniti a Gesù, possiamo attraversare ogni condizione e ogni dolore, non nella solitudine perché certi e consapevoli di essere tenuti al sicuro nel Suo abbraccio.
Un bambino di quarta elementare a catechismo, mi ha fatto la domanda delle domande: “Perché Gesù quando era sulla terra non ha fatto sparire il dolore, la sofferenza?” Gli ho detto che non ho la risposta -che avremo quando lo incontreremo “faccia a faccia”-….. ma che di Uno, che ha provato tutto il dolore provabile su di sé e in più si è preso anche il nostro, io mi fido.
Quale migliore augurio per il nuovo anno se non di affidargli ancora una volta, la nostra vita, serenamente! Preghiera: In molti giorni oziosi, ho pianto sul tempo perduto…ma non è mai perduto Signore, hai preso ogni istante della mia vita, nelle tue mani! Nascosto nel cuore del creato tu muti i semi in germogli, le gemme e i boccioli in fiori e in frutti maturi! Ero stanco e dormivo pigramente nel mio letto e immaginavo che ogni lavoro si fosse fermato… Al mattino, mi destai e trovai il mio giardino, tutto pieno di un miracolo di fiori!

30/12/2018 – Domenica dell’Ottava di Natale del Signore

Giovanni 1, 1-14

“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso
Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.”

La Parola di oggi parte proprio dal Verbo, dalla “parola”; la mia quotidianità si costruisce sulla
relazione e la parola scambiata: essa può fiorire in condivisione e bene, oppure interrompersi
nell’incomunicabilità e nella solitudine. Tutto dipende da come metto “la parola” in gioco: può
generare verità e luce, libertà e amore, dono e vita, oppure causare errore e tenebra, schiavitù e
odio, possesso e morte.

In questa prima parte del suo capitolo, Giovanni evidenzia la lotta tra queste realtà contrastanti alle quali non posso rimanere indifferente. La Parola la ascolto, mi entra nell’orecchio e nel cuore; accende l’intelligenza, mi riscalda e mi muove: passa attraverso le mie energie, il mio sentire e pensare, la mia esistenza intera.
Mi mette in rapporto con il mio prossimo, proprio attraverso questa parola: non solo la ascolto
ma, se la accolgo veramente, mi trasforma perché porta con sé il dono di Dio, cioè il suo amore
che mi rende uomo/donna secondo il Suo cuore e mi rigenera continuamente a Sua immagine.

– Noi diventiamo la parola che ascoltiamo e accogliamo: qual è la parola che più mi abita in
questi giorni?
– Quali sono le oscurità che ancora sono nel mio cuore e condizionano le mie scelte? Come
vincerle?
– Gesù non mi chiama ad obbedire a una legge esteriore, ma ad accoglierlo e diventarne
somigliante: che cosa significa per me concretamente?

29/12/2018 – V Giorno dell’Ottava di Natale – S. Tommaso Becket

”Egli si alzò, prese il bambino e sua madre…” (Mt 2,19-23)
Giuseppe, attraverso un sogno, si affida, obbedisce, si fa illuminare e ascolta. Giuseppe un brav’uomo puro di cuore. Il Bambino è nelle mani di Giuseppe. Giuseppe obbedisce alle parole dell’Angelo, ha rispetto della sua voce.

Attraverso questo Vangelo possiamo capire che Dio ci parla e ci vuole salvare, ci vuole mettere sempre mettere in guardia dai pericoli…nel caso di questo Vangelo, Giuseppe è il destinatario e il testimone di questo annuncio.

Ma dobbiamo essere puri di mente, puri di cuore anche noi… difficile… perché i sentimenti di rancore, astio magari a volte sono più forti di quelli dell’amore e della benevolenza.

…”Sarà chiamato Nazareno…”
Cristo, Gesù, Emanuele: tutti nomi importanti, che contengono il messaggio di Dio, che ha
mandato Suo Figlio, il Messia, il Salvatore, al suo popolo per dimorare con gli uomini e salvarli. Oggi “Nazareno” indica il Suo ingresso nella nostra vita quotidiana e ordinaria. Chiamato come il
suo villaggio, in cui ha vissuto la maggior parte della sua umile vita.

Giuseppe e Maria sono pronti a servire e a vivere la Divina Volontà. La Santa Famiglia fa ritorno a Nazareth e ancora una volta la volontà di Dio supera ogni volontà umana. Ma la Parola di Dio entra sempre in noi e ci illumina la vita?

28/12/2018 – IV Giorno dell’Ottava di Natale – S.S. Innocenti Martiri

Matteo 2,13b-18

“«…resta là finché non ti avvertirò. Erode, infatti, vuole cercare il bambino per ucciderlo.»”

“Egli si alzò nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta …”

“Erode … mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio […] Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più.”

Ci troviamo davanti ad una pagina difficile del Vangelo di Matteo …
Che senso ha il compiersi di una profezia tanto negativa? Che senso ha la morte di tanti innocenti?
Sono le stesse domande di ieri, di oggi e di sempre, a cui l’uomo non trova risposta.
Perché tanto dolore e tanto male? Perché la sofferenza o addirittura la morte prematura dei bambini?
È difficile fidarsi di Dio quando la vita (non il Signore) sembra metterti alla prova con quegli eventi che tu non avevi previsto né immaginato. Sembra che tutto ti sfugga di mano e ti rendi conto che nulla dipende da te.
E in questo contesto, eccolo lì, Giuseppe, ancora una volta silenzioso e splendido, perché affidato.
Ascolta la voce dell’angelo e si mette in cammino per l’Egitto, verso una meta nuova e incerta, ma pieno di fede nel Signore, che non lo fa camminare da solo. C’è Dio, c’è Gesù tra le sue braccia, c’è Maria … insieme nel compimento del progetto del Signore.

Il futuro non sarà semplice, ce lo ricorda l’Antico Testamento dicendo che Rachele non vuole essere
consolata. Perché la fede non toglie il dolore e spesso non ce ne dà nemmeno ragione, ma ci aiuta a purificarlo attraverso la presenza costante del Signore al nostro fianco.
La citazione di Rachele ricorda anche la strage al tempo del Faraone egizio, da cui Mosè si era salvato. Ora è Gesù la salvezza dalla violenza e dalla cattiveria che alberga nel cuore degli uomini, ora è Gesù il centro capace non solo di ricucire Antico e Nuovo Testamento, ma di ricucire le ferite dell’umanità.

Signore, aiutaci a guardare a Giuseppe come modello luminoso.
Conduci ciascuno ad un ascolto attento della Parola,
perché essa in noi possa diventare carne,
mediante una disponibilità obbediente e umile.
Aiutaci, come cristiani, a ricordare che la vita
è preziosa e va preservata.
Aiutaci a coltivare la difesa dei più deboli,
di coloro che sono sfruttati o
che non vengono rispettati
per la loro apparente “debolezza”.