08/01/2018 – 1ª Settimana del Tempo Ordinario

“Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di D-o, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di D-o è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».” (Marco 1,14-20).
Gesù inizia la sua predicazione e la sua missione dopo l’arresto di Giovanni. Gesù non sostituisce Giovanni ma continua la sua missione di annuncio. Marco é sintetico e chiaro nel descrivere la missione di Gesù.
Il tempo é compiuto, non é necessario attendere. Questa é la stagione giusta, é il tempo favorevole. Questa é l’occasione per incontrare il Signore. Il regno di misericordia, di amore e di pace é presente in noi e in mezzo a noi. Non é una realtà estranea. É perciò necessario cambiare la vita interiore ed esteriore, convertire la nostra direzione verso il Signore.
Se questi sono gli obiettivi del cammino di Gesù un altro insegnamento ci viene rivolto: questo non un cammino in solitudine ma in compagnia. Gesù inizia a scegliere i suoi compagni di viaggi. Non sceglie i migliori. Sceglie dei pescatori, quasi a dirci che chi pesca lancia le reti senza sapere quello che verrà pescato.
Nelle profondità del mare, del volto misterioso ed a volte difficile del buio delle acque, si cela la luce di una pesca importante e necessaria.
L’Evangelo di Marco ci invita a completare noi i pezzi di dettaglio della Parola. E per questo ci apre alla missione.

07/01/2018 – Battesimo del Signore

“Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».” (Marco 1,7-11).
Il prologo di Marco fa da sfondo al primo quadro di eventi all’inizio della predicazione di Gesù. Marco ci ricorda da subito che quello che accade é una lieta notizia.
La lieta notizia é la capacità di riconoscere la presenza di D-o nella nostra storia umana per farla diventare subito divina, sacra, legata indissolubilmente da un vincolo di misericordia e di amore.
Giovanni Battista, il precursore, riconosce il fatto che il Messia non é lui ma chi viene dopo. Giovanni apre la strada al Messia, Gesù. É come se Giovanni avesse aperto un sentiero nell’impervio deserto dove é difficile orientarsi.
Giovanni Battista battezza con acqua. Chi viene dopo di lui, il Cristo, battezza in Spirito, ovvero non si avvale della materialità ma della forza dello Spirito. Ricordiamoci che il battesimo di Gesù come quello di tanti Ebrei che desideravano cambiare vita avviene nel punto più basso della Terra a circa 400 metri sotto il livello del mare. Fa impressione pensare a questo dettaglio.
Ma c’é di più in questo inizio dell’Evangelo di Marco. Gesù si immerge, affonda, e mentre risale i cieli si squarciano, si aprono. Sì, solo un D-o che ama può aprire. Nell’amore ci si apre. Ma il verbo squarciare é lo stesso del momento della morte di Gesù. Questo quasi ci dice da subito che Marco segna anche le contraddizioni, perché noi umani siamo immersi nell’immenso ma anche nel suo contrario.
C’è una voce, che in questo caso non grida nel vuoto del deserto, ma che ci dice l’unica cosa che conta nella vita: amare. Dopo aver riconosciuto l’Altissimo nello Shema Israel, si dice che siamo chiamati ad amare, unicamente ad amare.
Il battesimo di Gesù tenta di incamminarci per brevi tratti ad un qualcosa che ci supera nella ricerca di motivare la nostra fede nell’Unico Signore della storia.

06/01/2018 – Epifania del Signore

“Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».” (Matteo 2,1-12).
L’Evangelo della Manifestazione del Signore, Gesù il Cristo, nel giorno della Epifania suscita mistero. Come mai i Magi che provengono da oriente verso Gerusalemme vogliono adorare il re dei Giudei?
Vanno da Erode che é re della Giudea ma non il re dei Giudei. Vengono da oriente, da dove sorge il sole. Portano luce per ricevere luce da un bambino piccolo, appena nato in una grotta, in una stalla di animali?
I Magi ci comunicano che una stella é spuntata in cielo. É una stella che irradia luce. É una luce che illumina un lungo cammino, un cammino che porta alla vita, ad un bambino nato a Betlemme, la città del grande re Davide.
Vengono per adorare un bambino re, vengono per adorare la vita, una vita destinata a donare vita, a salvare, redimere, proteggere, convertire la vita umana alle altezze di D-o.
Il mistero che si nasconde nell’adorazione dei Magi é la celebrazione della bene umano più grande: la nostra vita.
Gli stessi doni sono una sintesi per dare senso alla vita che é un dono di un amore che non ci appartiene e che solo la misericordia e l’amore di D-o può trasmettere.
Non è un qualcosa di meccanico la vita! Essa nasconde una verità che noi cerchiamo di sondare nella nostra esistenza e che sperimentiamo quando doniamo gratuitamente senza un contraccambio, quando arricchiamo l’altro da noi.
I Magi che adorano Gesù bambino ci indicano che la fede in D-o non é questione di appartenenze ma é patrimonio spirituale di ogni essere umano.
L’Epifania é il segno per dare significato e senso alla vita umana che diventa divina e il riconoscimento che D-o si manifesta nella semplicità di ciò che é vita.

05/01/2018 – Tempo di Natale

“Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi»” (Giovanni 1,43-51).
Gesù incontra Filippo e lo coinvolge subito: seguimi! In questa richiesta perentoria di Gesù sembra quasi ritrovare l’essenza di un dialogo intenso avvenuto prima tra Gesù e Filippo. Potremmo tradurre seguimi oggi con ‘vieni con me, faremo un cammino importante’.
La dimostrazione della profondità di questo dialogo spirituale la scopriamo subito dopo, quando Filippo coinvolge Natanaele, Bartolomeo. FIlippo é talmente preciso nel definire Gesù nella sua identità che davvero sembra di essere di fronte ad una chiamata che si fa subito annuncio. Vieni e vedi sono parole sconcertanti del cammino di sequela a Gesù.
Natanaele però é un fedele ebreo che conosce le Scritture. Che cos’é Nazareth? É davvero un luogo innominato nelle Scritture, un luogo dal quale non può venire granché. In fondo Nazareth é una periferia della vita e del mondo, una periferia della fede.
Ma anche Natanaele é sconcertato dall’incontro perché Gesù lo riconosce come un ebreo dove non c’é falsità, ma impegno serio, c’é preghiera, c’é impegno per conoscere la Scrittura. “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” ci ricorda Giovanni (1ª lettera cap. 3,11-21) a tal proposito.
La nostra vocazione, la nostra fede, é frutto di un incontro coinvolgente, sconvolgente, che ci cambia la vita, ci prende. E se ci lasciamo coinvolgere e sconvolgere dall’incontro, la vita cambia per davvero.

04/01/2018 – Tempo di Natale

“Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.” (Giovanni 1,35-42).
L’Evangelo di Giovanni che meditiamo oggi, ci indica che l’essere discepoli di Gesù si diventa per attrazione. Ed é sempre Giovanni Battista il tramite di questo nostro cammino di sequela.
É Giovanni che indica Gesù come l’Agnello, come il Cristo, l’Unto del Signore, colui che é chiamato il messaggero di D-o.
É proprio in questo passo evangelico avviene il passaggio di consegne tra il Battista é Gesù. É Andrea e un altro discepolo di Giovanni Battista e, in particolare il fratello di Simon Pietro, ad essere ii protagonista di un dialogo intenso: “chi cercate’, “dove dimori”, “venite e vedete”.
Queste tre affermazioni sono il nucleo della vocazione, della fede in Cristo. E Simone di Giovanni, Cefa, ovvero Pietro sarà il primogenito di questo progetto di sequela che é legato a Gesù, il messaggero, il Figlio del D-o vivente.
Noi siamo chiamati a rendere visibile questo legame di fede, di fiducia, di sequela, scoprendo oggi dove cercare il Signore, dove scoprire la sua casa, dove seguire e vedere i passi del suo cammino.

03/01/2018 – S. Nome di Gesù

“Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di D-o».” (Giovanni 1,29-34).
La liturgia ci invita oggi a ricordare il nome di Gesù, il Cristo, l’Unto del Signore, Figlio del D-o vivente.
E l’Evangelo di Giovanni che ascoltiamo e meditiamo é la testimonianza diretta, la rilettura teologica della presenza di Gesù Cristo tra di noi.
Giovanni, apostolo ed evangelista, riporta tra virgolette quanto affermato dall’omonimo Giovanni Battista: “sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele”. Giovanni Battista afferma di non conoscere Gesù ma di essere colui che prepara la strada affinché Gesù Figlio di D-o si manifesti.
La seconda rivelazione di Giovanni Battista é quella del certificare la presenza dello Spirito Santo che testimonia Gesù Figlio di D-o.
Non ci sono altre parole così pregnanti, autorevoli, esplicite negli Evangeli come quelle che meditiamo oggi.
Quello che ci responsabilizza é interiorizzarle nel cuore della nostra fede, nel riporre quella fiducia fondamentale ad arricchire il nostro percorso umano teso verso l’incontro definitivo con il Signore.

02/01/2018 – S. Basilio Magno e S. Gregorio Nazianzeno

“Anch’egli lo accolse fra le braccia e benedisse Dio, dicendo: Ora puoi lasciare o Signore che il tuo serva vada in pace, secondo la tua parola, perchè i miei occhi hanno visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele.”
(Luca 2, 28-32)

Oggi ci immergiamo nel mistero del Natale con gli occhi di Simeone. Mosso dallo Spirito si reca nel Tempio e proprio lì riconosce il Signore che viene. Ha il Signore tra le braccia, lo benedice e pronuncia quelle parole di commiato ..Sono parole che conosciamo bene perché sono quelle che si recitano a Compieta, nella preghiera prima di andare a dormire, proposta dalla Liturgia delle Ore dalla Chiesa. Ma le ho mai meditate?
Simeone riconosce Gesù come la salvezza attesa, vede in quel bambino la luce delle genti, il Salvatore, il Messia. Questo bambino sarà per tutti…
provo a tenere tra le braccia Gesù: io cosa gli dico?

Dio ha preparato per ciacuno la Salvezza…iniziamo fiduciosi l’anno con questa certezza!

02/01/2018 – S. Basilio Magno e S. Gregorio Nazianzeno

“Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia” (Giovanni 1,19-28).
In questo tempo di Natale ci imbattiamo ancora in un passo evangelico di Giovanni che descrive, all’inizio del medesimo Evangelo, il tempo preparatorio all’ingresso di Gesù nella vita pubblica, nel cammino della sua missione.
Giovanni Battista, il precursore, battezza nel deserto a Betania, lungo le rive del Giordano. É un battesimo di conversione quello che viene chiesto. Il battesimo é segno. Molta gente é desiderosa di riceverlo. Perfino Gesù si immerge nell’acqua.
Ma i farisei non si accontentano vogliono capire cosa sta succedendo.
E Giovanni Battista é esplicito: non é il Messia, non é Elia, non é nemmeno il profeta.
GIovanni é voce ed é colui che annuncia e chiede di preparare la via Signore. Anzi egli precisa che c’é uno dopo di lui a cui non é degno di sciogliere nemmeno i sandali.
É l’umiltà, é il fare spazio a chi viene dopo, il segno di Giovanni.
L’acqua purifica per prepararci al grande incontro con il Signore.
Ci colpisco di due battute di Giovanni: rendere dritta la strada e il ‘non conoscete’.
Il nostro compito é preciso: dobbiamo conoscere e rendere dritta la via al Signore.
É questo il programma di avvio del nuovo anno.

01/01/2018 – Maria Madre del Signore – Giornata mondiale della Pace

“In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.” (Luca 2,16-21).
La Parola in questo primo giorno dell’anno civile é ricca di significati chiave per iniziare bene il nostro cammino.
Dal libro dei Numeri (6,22-27) la prima parola che riscopriamo é pace. Capiamo perché oggi, nel primo giorno dell’anno, invochiamo la pace. La pace non assenza di guerra, nemmeno per stare in pace. Ma la pace che parte dal profondo del nostro cuore, negli affetti più cari, la pace con gli ultimi, la pace nel Signore della vita.
La seconda parola che scopriamo é benedizione. Che sia benedetta la nostra vita! Che il bene pervada il nostro agire, anche quando soffriamo!
La terza parola che cogliamo nella lettera di San Paolo ai Galati (4,4-7) é riscatto. Sì, questo nuovo anno sia per tutti motivo di riscatto, di redenzione, di salvezza nel Signore.
La quarta parola non meno importante é custodire nel silenzio, come Maria madre del Signore, la verità dell’Evangelo, dell’annuncio che ci viene dalla presenza di un D-o misericordioso, ricco di amore all’infinito.
Il Signore davvero animi i nostri cuori con il dono della gioia e della pace. Buon Anno!Sereno 2018!

31/12/2017 – Sacra Famiglia di Nazareth

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La Parola di questa Ottava di Natale, dedicata alla Sacra Famiglia, ci mette su un piatto d’argento il grande tema dell’eredità che ciascuno di noi ha ricevuto nella fede nel Signore.
L’eredità di Maria e di Giuseppe; eredità di Abramo e Sara; l’eredità di Simeone e di Anna. L’eredità di noi che siamo chiamati ad essere fedeli all’Altissimo. Sono questi i fondamenti della nostra fede.
Le parole di Simeone che riconosce in Gesù la salvezza e la benedizione di Anna che riconosce nel bambino la redenzione e il riscatto della nostra vita nel Signore, ci aiutano a capire il perché della fede, della nostra fede in D-o. Due grandi vecchi ci indicano la fede come eredità, come ricongiungimento ai Padri che per primi si sono affidati a D-o.
La preziosa lettera agli Ebrei (capitolo 11º) é un prezioso aiuto a capire perché avere fede e perché ereditare la salvezza e il riscatto attraverso la presenza di Gesù.
Anche noi potremmo dire … per fede … abbiamo riconosciuto l’eredità ricevuta dalle nostre madri e dai nostri padri senza sapere totalmente la bellezza dell’incontro con il Signore della storia.
E come la nostra fede é nata ed é stata coltivata? Attraverso una vita di famiglia, in una casa in cui si scopre “la mai compiuta formazione all’intelligenza del vangelo” (Paolo VI).
Si é soliti in queste ore fare un bilancio dell’anno trascorso, prima di accogliere il nuovo. Ripercorriamo questo anno alla luce della fede che abbiamo appreso nella nostra famiglia, nella nostra casa.