03/06/2019 – S. Carlo Lwanga e Compagni

Matteo 9, 14-15

In quel tempo. Si avvicinarono al Signore Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Al centro del brano c’è la figura  dello sposo che è Gesù. E’ la sua presenza viva che genera la festa, fatta di partecipazione emotiva, affettiva, di relazione bella e profonda tra Lui e noi. Dall’altra parte ci sono gli osservanti che, in buona fede, cercano di rispettare la pratica religiosa del digiuno che, come tutte le cose mancanti del fuoco dello Spirito, scadono nel moralismo e nel devozionismo.

I giorni in cui lo sposo sarà tolto sono quelli della Sua morte. Ma Gesù, attraverso la croce e’ Risorto! Noi viviamo della Sua presenza viva e partecipe delle nostre vicende umane e attraverso le nostre fragilità, mendicanti perenni della Sua Grazia, abbiamo la possibilità di vivere i Suoi stessi sentimenti.

Per questo, voglio fare mie due frasi delle letture di oggi: il ritornello del Salmo 41 che recita “L’ anima mia ha sete del Dio Vivente”, che ripeterò all’infinito nel mio cuore, e il versetto della lettera di Paolo ai Corinzi: “Dunque, sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la Gloria di Dio”.

Anche il digiuno (non solo di cibo, ma anche di parole e gesti..) acquista novità e leggerezza. “Quando digiuniamo, siamo spinti a discernere la qualità del nostro agire, le conseguenze dei nostri atti, la violenza che immettiamo nei nostri rapporti. Per il cristiano, poi, e’ confessione di fede fatta col corpo, pedagogia che porta la totalità  della persona all’adorazione di Dio.” (E. Bianchi)

…ricordiamo anche i fratelli musulmani, che in questi giorni concluderanno il loro mese di digiuno…

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