“Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti.” (Luca 16,19-31).
L’Evangelo di questa giornata proposto dalla liturgia va capito all’interno del quadro descritto nel libro del Profeta Geremia (17,5-10): “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia.”
La vera sfida è non confidare in noi stessi, cioè convincerci che non possiamo bastare a noi stessi. L’ostentazione della ricchezza, l’indifferenza, guardare al prossimo con sufficienza, vivere la bella vita, senza interessarsi di chi ci sta accanto e soprattutto di chi ha bisogno sono le strade per vivere poi il dramma dell’oscurità.
L’uomo ricco descritto nel racconto di Gesù rappresenta colui che non ha più speranza e se anche chiede aiuto ad Abramo o al povero Lazzaro, nel regno dei cieli, ogni cosa viene ridimensionata. Chi è ricco si impoverisce.
Confidare su noi stessi ci rende sterili, incapaci di reagire, lontani dalla conversione. E la conversione parte dal cuore e dalle cose piccole o altrimenti non ci fa intravvedere la via che conduce al Signore.
In questi giorni di forzata e ristretta mobilità ci rendiamo conto della precarietà della nostra vita. Questo dovrebbe farci riflettere su ciò che è essenziale nella nostra vita quotidiana e su ciò che conta veramente. Cerchiamo di stare attenti ai bisogni degli altri e soprattutto di chi è nel bisogno.