01/10/2017 – 5ª Domenica dopo il martirio di Giovanni

“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente. Amerai il tuo prossimo, come te stesso.” (Matteo 22,34-40)
Questo brano della prima lettura di oggi mi è molto caro, perché conosciuto bene per la prima volta durante il pellegrinaggio in Terra Santa e perché è la preghiera quotidiana e fondamentale dei fratelli ebrei. Gesù da buon ebreo la pregava e il Vangelo ne è testimonianza, chiaramente la conosceva! Shema’ Israele, Ascolta Israele! Prima di fare, occorre ASCOLTARE Dio. Non solo con le orecchie, ma anche con la mente e ricordare le opere compiute da Dio nella storia, di Israele, del popolo, ma anche personale di ciascuno di noi. La fede nasce da qui, dal riconoscere quanto Dio è presente nella nostra storia, poi diventa “fede operosa” come dice la seconda lettura di oggi: “in Gesù Cristo vale la fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Galati 5,6). Questo “esercizio” di memoria e fede ci permette, quindi, di rispondere con AMORE a quel Dio che è vicino e in mezzo a noi. Gesù Figlio di Dio ci ha mostrato l’Amore del Padre e ci ha voluto bene fino alla fine, Lui per primo ha messo in pratica i precetti fondamentali – e quanto ci tengono alla pratica gli Ebrei! Ma il nostro fare -come il Suo- deve essere spinto dall’amore verso Dio e verso il prossimo, inscindibilmente (Caritas Christi urget nos/l’amore di Cristo ci spinge – dice San Paolo e lo ha ripetuto come suo anche S.Benedetto Cottolengo). Non possiamo separare queste due parti, sono un tutt’uno! Uno ha senso solo con l’altro, dice Gesù con la sua vita. Potrebbe essere una buona e semplice sintesi di tutto il Vangelo, non solo della Legge e dei Profeti (cioè dell’Antico Testamento o meglio del Tanak, la Bibbia ebraica): amare Dio e il Prossimo e una carta d’identità distintiva del cristiano che, rispetto ad altri, infatti, è colui che ama tutti e non fa distinzioni. Questa diventa la nostra nuova Legge, lo Spirito di Amore, la GRAZIA, non più la Torah, intesa come insegnamento e prescrizione da seguire alla lettera, poiché il senso di quel fare e di quelle regole sono portate a pienezza proprio da Gesù. “Tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Galati 5, 14). La seconda lettura, in chiusura, ci dice poi un’altra cosa grandiosa: la vera libertà che Dio ci ha donato è la capacità di amare come Lui ama e questo è ciò che rende degna, bella, unica la nostra vita di uomini e donne.

Impariamo dai nostri fratelli ebrei a plasmare ogni nostra giornata (da quando ci svegliamo a quando andiamo a dormire), nel lavoro, in famiglia a casa, con gli altri, nelle feste, nel cibo, in tutto insomma, secondo la Parola di Dio e l’esempio di Gesù Cristo. Riflettiamo quanto siamo capaci di “tenere insieme” (questo vuol dire vivere una religione) l’amore di Dio e l’amore verso il prossimo. Facciamo memoria dei doni nella nostra storia.

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