02/01/2019 – Mercoledi del Tempo di Natale – S.S. Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno

Luca 2,28-32

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

Oltre all’ambiente familiare, Gesù ha conosciuto anche un ambiente sociale e religioso in cui è stato inserito fin dalla sua nascita. E così al compimento degli otto giorni egli viene circonciso, con il gesto che lo rende appartenente al popolo dell’alleanza; poi al quarantesimo giorno Maria e Giuseppe, in obbedienza alla Legge, lo portano al tempio di Gerusalemme «per presentarlo al Signore». E al tempio il riconoscimento di Gesù avviene ad opera di Simeone e Anna, due anziani credenti che vivono la condizione di «poveri del Signore», quell’umile resto di Israele che confidava solo nel Signore e attendeva la venuta del suo Messia.
Illuminato dallo Spirito santo, Simeone accoglie tra le sue braccia il bambino e scioglie a Dio il suo canto di benedizione: egli ormai può morire in pace, perché i suoi occhi hanno contemplato in Gesù la salvezza di Dio, colui che è «luce per la rivelazione alle genti e gloria del popolo di Israele». I due anziani profeti non «trattengono» per sé Gesù ma si rallegrano di condividere con tutti la rivelazione della salvezza compiutasi in questo bambino, una salvezza a caro prezzo: per questo Gesù è definito da Simeone «segno che sarà contraddetto, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori»…
Sì, fin dai primi giorni terreni di Gesù, un neonato ancora incapace di parlare, si manifesta nella storia il disegno d’amore realizzato da Dio attraverso di lui: la venuta del Figlio di Dio nella carne «ci insegna a vivere», facendo della vita un cammino di obbedienza alla nostra condizione di creature volute e amate da Dio; e ci insegna a morire, facendo liberamente della nostra morte un atto d’amore per Dio e per i fratelli, alla sequela di Gesù.

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