“Andarono e trovarono un puledro legato vicino ad una porta, fuori sulla strada e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: Perché slegate questo puledro? Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. e li lasciarono fare. Portarono il puledro a Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde..” (Marco 11, 1-11)
Ingresso trionfale, si direbbe oggi e al tempo dei Romani, quando l’imperatore entrava vittorioso dopo una battaglia, in trionfo appunto. Ma cosa aveva la folla da festeggiare? Forse era stata colpita dai miracoli di guarigione compiuti e attendeva un liberatore. La gente stende i mantelli al suo passaggio, agita rami di alberi, accoglienza festosa. “osanna!”. Mi immagino per contrasto il volto fermo di Gesù, perché invece sa per lui cosa vuol dire entrare in Gerusalemme… Forse anche noi ci aspettiamo un’entrata trionfale di Dio nella nostra vita, che faccia qualcosa di eclatante per sollevarci dalle nostre difficoltà. Mi stupisce, invece, il comando iniziale ai discepoli di prendere il puledro, perché “il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà subito” (v.3): anche Gesù chiede collaborazione per poter svolgere il suo compito, ha bisogno di noi per portare avanti il disegno di salvezza di Dio Padre, come segno per dire che non ha scelto la via clamorosa, ma quella più difficile dell’umiltà e della condivisione. La chiave di lettura ce la offre la prima lettura: “allora sarà stabilito un trono di mansuetudine. Vi siederà con tutta fedeltà un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia” (Isaia 16,5): Dio entra nella città regale di Gerusalemme come un vero re, che si occupa di diritto e promuove la giustizia, che offre pace alla sua gente! Anche la conclusione del brano di Vangelo è interessante: “entrò a Gerusalemme, nel tempio. Dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i dodici verso Betania” (Marco 11, 11). Credo che Gesù abbia voluto far defluire la folla, tornare nella “sua casa”, il Tempio, restare con Dio, per affidarsi a Lui, abbia voluto dedicare del tempo a capire cosa stesse succedendo e nel momento buono con i suoi amici tornare a casa a Betania, chissà forse da Marta, Maria, Lazzaro.
Chiediamo come dono anche per noi la capacità di guardare bene le cose e le persone intorno a noi; affidiamoci a Dio nei momenti delicati della nostra vita, cerchiamo di non farci condizionare dalla folla, ma come suggerisce Paolo nella seconda lettura, di comportarci in modo gradito a Dio (1 Tessalonicesi 3, 11- 4,2).
“Benedetto colui che viene nel nome del Signore” lo ripetiamo in ogni celebrazione eucaristica: ripetiamolo nella nostra preghiera quotidiana in questa settimana, come segno di accoglienza verso Gesù che entra nella nostra vita.