“In quel tempo. Un tale si avvicinò e disse al Signore Gesù: «Maestro, che cosa devo fare di buono per
avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi
entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non
commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il
prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi
manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai
un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti
molte ricchezze.” (Matteo 19, 16-22)
Indubbiamente era un bravo ragazzo…ce ne fossero così! Chissà che desiderio aveva di fare quelle
domande a Gesù e chissà da quanto tempo cercava di ascoltare le sue parole, soprattutto sulla vita eterna,
che poi è la vita stessa di Dio, felicità pura!
“Buono è uno solo”: per quanto ci impegniamo a fare il bene, questo non è merito nostro perché viene da
Dio. E poi questo indicare i Comandamenti, o meglio come dicono gli Ebrei: le Dieci Parole, come
indispensabili per entrare pienamente nella vita e in particolare cita quelli che ci pongono in relazione con
gli altri.
Credo che questo giovane in buona fede e non per presunzione, risponda che lui ci prova a osservarli, ma
evidentemente non basta, anzi dice che sente che c’è qualcosa che gli manca.
Ma non basta osservare la Legge, comportarsi bene ! La Salvezza non è una conquista, un merito, perché
Dio ci salva gratis!
“Se vuoi essere perfetto va’, vendi…” la radicalità di questa azione sa di essenzialità e di leggerezza che
non coinvolge solo o primariamente il nostro rapporto col denaro, ma il cuore della questione sta
nell’osare di più, nell’andare oltre rischiando, nel nome di Gesù, di perdere qualcosa delle nostre
sicurezze, che non è necessariamente svuotarsi le tasche. Donare ai poveri non significa impoverirsi
(qualcuno l’ha fatto…), ma mettersi nei loro panni regalando tempo, ascolto e benevolenza.
Questo brano non parla solo della vocazione di ciascuno di noi, bensì del nostro quotidiano cercare il
volto di Dio che ci cerca, che ci precede, che ci parla.
Il cuore sta nel credere o meno a questa relazione di sguardi tra me e Lui e nel riconoscerlo nel volto di
chi mi è accanto. Chiunque esso sia.