09/06/2020 – S. Efrem

Lc 4,25-30
Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Gesù, parlando nella Sinagoga, cita alcuni episodi dell’Antico Testamento. Quello che crea sdegno è la novità assoluta che Gesù annuncia: infatti per l’Israele del tempo la promessa del Signore, l’elezione a popolo di Dio e i destinatari dell’annuncio erano solamente gli ebrei, non c’era alcuna apertura verso i cosiddetti pagani.

Ma Gesù si è incarnato proprio per portare l’annuncio di questa novità, per portare uno sconvolgimento all’interno della nostra logica umana. Come poi dirà ai dodici alla fine del Vangelo di Luca la “buona novella” è per tutti, ha un’apertura universale.

A noi è affidata la scelta di come porci di fronte alla novità portata da Cristo, che ancora oggi tramite la sua Parola e i suoi testimoni tenta di ribaltare la nostra logica umana con il suo peccato e le sue rigidità.

Anche noi ci chiudiamo nelle nostre rigide abitudini o ci apriamo a quel seme nuovo che il Signore pianta nel nostro cuore?

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