“Dammi da bere. … Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?
Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete, ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna. Signore, dammi quest’acqua perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere.
Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete. Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.” (Giovanni 4,5-42).
Dopo solo un giorno di digiuno nel primo venerdì quaresimale, l’immersione nella scena del Vangelo odierno sembra più facile: l’incontro inizia con un “dammi da bere” (Giovanni 4,7); richiama quel “ho sete” durante la Passione. La sete ricorda l’esigenza di Gesù di salvare tutte le persone, gli incontri che fa Gesù, infatti, vogliono condurre alla salvezza. Il motivo per cui è stato inviato dal Padre è questo! Dio vuole che tutti siano salvi per Amore. Perciò ci rendiamo subito conto che l’acqua e il cibo al centro del dialogo e dei fatti (Gesù- donna samaritana- le provviste dei discepoli) giocano su un doppio livello di profondità: i bisogni concreti contingenti e reali da una parte e dall’altra i desideri più radicati in fondo al cuore delle persone di eternità e salvezza, di vita piena di bene, di relazioni autentiche, di rispetto e amore. La samaritana avrebbe volentieri evitato non tanto la fatica dell’attingere acqua al pozzo, ma la situazione imbarazzante e carica di giudizi della gente su di sé, celata nell’andare al pozzo. A chi si lascia incontrare e accetta di entrare in dialogo con Gesù, Egli fa dono di rivelarsi (“Io sono, che parlo a te” Giovanni 4,26): è evidente il richiamo all’incontro con Mosè nel roveto ardente, anticipo e condizione di quel rapporto di Alleanza che si stabilisce sul Sinai tramite il decalogo che abbiamo ascoltato nella lettura di Esodo 20, 2-24. Anche in questo caso Dio ha provveduto alla salvezza del suo popolo, donando parole di vita. Il decalogo sono 10 parole concretissime che contengono preziose indicazioni per la vita liberata dalla schiavitù dell’Egitto, che dicono la cura di Dio per Israele. Solo Gesù è capace di conoscere fino in fondo la verità delle esigenze di ciascuno, quanto è evidente nel dialogo con la samaritana! Qui inizia la dinamica bella della testimonianza: molti hanno creduto per le parole della donna, ma una volta incontrato personalmente Gesù, grazie a Lui hanno creduto, perchè probabilmente hanno sperimentato l’umanità e l’amore di Gesù!
La liturgia ci richiama oggi ad una fede non intimistica, ma personale, non per forza diretta, ma anche mediata da testimoni, l’importante è che sia una relazione autentica con Cristo che trasformi la nostra vita concreta perchè segua la sua Parola.
Chiediamoci in questa settimana, allora, qual è la qualità della nostra relazione con Dio e con gli altri che incontriamo: se si tratta di una fede fatta di abitudine, di apparenza, se basiamo i nostri incontri sulla superficialità dei discorsi, sui pregiudizi, allora è tempo propizio per la conversione! Cerchiamo di entrare in profondità di noi stessi, nella preghiera con Dio, nelle relazioni quotidiane ed evitiamo falsità, pregiudizi, condanne…