05/10/2022 – S. Faustina Kowalska

Lc 20, 27-40

Si avvicinarono al Signore Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli
posero questa domanda:

 

 

«Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”.
C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il
secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la
donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in
moglie».

 

 

Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della
risurrezione, sono figli di Dio.

 

 

Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

 

 

Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

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La pagina di oggi mette in scena un incontro-scontro tra Gesù e i sadducei. Sono in gioco due visioni differenti innanzitutto dal punto di vista teologico, dal momento che i sadducei non riconoscono la resurrezione e pongono una domanda trabocchetto a Gesù per metterlo alla prova: “Di chi sarà la donna che ha avuto sette mariti dopo la Resurrezione?”.

Gesù schiva questo tranello e pone in evidenza che l’opposizione tra le due prospettive si fonda su un aspetto che è ancora più radicale: l’idea di amore. I sadducei legano questo concetto a quello di possesso. Gesù propone un modello diverso di Amore, che è dono gratuito, disinteressato, totale.
Amore che significa correre il rischio di non essere corrisposti e lasciare libero l’altro come Dio fa con l’uomo.

La proposta di Gesù, che a prima vista può sembrare alquanto esigente, si basa sulla spogliazione di sé, sulla capacità di non mettere sé stessi al centro, ma offrirsi all’altro nella totalità, scoprendo che solo donandosi si può giungere alla piena Felicità e al compimento.

Gesù l’ha sperimentato, come ci ricorda l’inno ai Filippesi:
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina,

non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;

ma spogliò sé stesso,
assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini;

apparso in forma umana, umiliò sé stesso

facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.” (Fil 2,5-8)

L’invito è quello di vivere il dono di sé nelle nostre vicende quotidiane, quando sembra che il nostro cammino si faccia più faticoso e la nostra capacità di amare sembra sia messa in difficoltà. Solo riconoscendoci amati da un Dio che si è fatto uomo per noi e si è offerto gratuitamente, potremo fare nostre le parole di Chiara Corbella: “Siamo nati e non moriremo mai più”.

In questa giornata proviamo a meditare queste parole di fronte alla Croce: “Da un amore gigante così io non posso tornare indietro” (frase tratta dalla Canzone I.N.R.I. di Debora Vezzani
https://www.youtube.com/watch?v=KC70F8xMyfA ) per poter lasciarsi dal Suo Amore che rende
nuove tutte le cose.

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