“Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare” (Luca 17, 7-10)
Se non servi qualcuno, non servi a nulla. La vita conta se messa a disposizione di qualcuno, meglio se Costui è il Signore che sa per cosa siamo stati creati, ci ha creati Lui! E il servire l’altro vuol dire volergli bene! Servire è una forma di amore, Gesù per primo “non è venuto per essere servito, ma per servire”. Noi cristiani oggi dovremmo essere a servizio della Parola e del Vangelo, farci annunciatori della Buona Notizia di Gesù, che non ci ha considerati servi, ma amici, per il Quale nessuno è inutile, ma tutti possiamo servire! Il problema è tutto nostro: nella nostra logica, molti pensano che sia più bello essere “serviti e riveriti”, piuttosto che faticare e umiliarsi per servire a qualcun altro…anzi spesso, pretendiamo ciò che sembra sia un nostro diritto! Certo, oggi talvolta mancano i diritti fondamentali della libertà e della persona, ma molte altre volte siamo bravi ad inventarci diritti che non sono tali! Dio ci chiede di cambiare logica: “servi inutili” (Luca 17,10), perché “avete fatto tutto quello che vi è stato ordinato”. Mi ricorda la vedova al tempio: “tutto quello che aveva per vivere” (Marco 12,44). Non è “un di più che non ci serve” – il superfluo- che il Signore vuole o atti di gentilezza, no, il Signore vuole l’essenziale da noi, che la nostra vita sia spesa tutta nell’amore all’altro, perché questo gli è dovuto! Riconoscere l’altro come degno del nostro amore: per questo ci ha creati, questo è l’ordine o il comandamento che ci ha lasciato (l’abbiamo ricordato domenica scorsa: amare Dio e il prossimo!).
Come non fermarsi un attimo su ciò che succede a Giobbe: perde tutto ciò che di più caro ha, ma non smette di lodare il Signore: “il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore!” (Giobbe1,21): non fraintendiamo, non significa che il Signore ha causato le disgrazie di Giobbe e noi dobbiamo accettare passivamente le nostre come volere di Dio!! Il cammino di Giobbe anche nella fatica lo condurrà ad una fede matura, che sa riconoscere la presenza di Dio anche nella sofferenza più grande e da “servo inutile” ha continuato ad amare nella sua vita, nonostante tutto (anche gli amici) dicesse il contrario, che Dio si era stancato di lui e voleva punirlo per le sua mancanze; Giobbe, invece, è arrivato alla “fede per nulla”, totale affidamento, senza apparente guadagno materiale e terreno, solo l’amore di Dio.
Quindi in questa settimana riflettiamo sulle nostre giornate: scopriamo se facciamo bene il nostro dovere, non solo le cose che “dobbiamo fare”, ma il nostro dovere di cristiani, cioè mettere amore nelle cose che facciamo! Chiediamoci se siamo disposti ad essere “servi di Qualcuno”; se a volte ci sembra che le nostre azioni non servano a nulla, almeno valutiamo se abbiamo fatto ciò che potevamo, come ci ricorda la seconda lettura: “Sforzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola di verità” (2Timoteo 2, 15)