09/05/2017 – 4ª Settimana di Pasqua

“Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.” (Giovanni 10,22-30).
La provocazione dei Giudei é capziosa. Lo leggiamo chiaramente nell’Evangelo di oggi. La domanda dei Giudei sottende a confermare l’identità di Gesù, quasi a rendere evanescente o automatica la relazione tra Gesù e il Padre. ‘Io e il Padre siamo una sola cosa’ – dice Gesù – alla conclusione del brano evangelico di oggi.
In che cosa rendiamo grazie al Buon D-o se non rendendogli testimonianza quotidiana nelle azioni di bene e di amore verso il nostro prossimo? Gesù ribadisce che é la testimonianza a dare significato alla sua identità e alla nostra identità di credenti, di figli dell’Unico D-o, come Lui ha fatto.
La nostra appartenenza al Signore nasce e matura proprio nella fedeltà a dare testimonianza di quelle opere di bene che sono l’unica via per ascoltare la voce del Padre.
L’Evangelo di oggi ci invita ad essere attenti al valore della testimonianza e a non concepire il rapporto con il Signore in modo utilitaristico. Il rischio é non appartenere al Signore. Ne siamo capaci?

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