“In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. D-o infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.» (Giovanni 3,13-17).
Nel giorno in cui la Chiesa dedica la liturgia alla Esaltazione della Santa Croce, ci addentriamo in un dialogo molto intenso tra Gesù e Nicodemo, un ebreo benestante Maestro d’Israele.
Potremmo dire che Nicodemo rappresenta la figura di credente in continua ricerca, che tenta di sondare le vie inesplorate del vivere per incontrare il Signore.
Il dialogo con Nicodemo sfocia in uno dei passi più interessanti e profondi della teologia che Gesù spiega al suo interlocutore.
Il primo passaggio é legato allo scendere e salire verso D-o. Il Figlio dell’Uomo, é colui che ha questa capacità, perché é l’espressione della bontà, dell’amore del Padre verso l’intera umanità, verso la Creazione.
L’innalzamento del Figlio dell’Uomo, attraverso la Croce, é l’espressione massima di questo amore che é per la salvezza di ciascun uomo, per chiunque crede nel l’eternità. Questo é il pensiero e l’azione di D-o, un D-o che ama.
La Santa Croce é il paradosso di questo amore. L’amore di D-o, alla pari dell’amore umano si realizza nella donazione totale di noi stessi. Anche un piccolo gesto, insignificante, nel quale una persona si dona, privandosi di se stessa, rappresenta il segno dell’amore di D-o.