15/06/2017

“Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.” (Matteo 5,20-26).
Il capitolo 5º dell’Evangelo di Matteo é ricco di stimoli e provocazioni che ci aiutano a declinare le Beatitudini, centro del messaggio di Gesù nel cammino di sequela.
Gesù ci invita in tutto il suo annuncio a non accontentarci e a non considerare la fede nel Signore come persone – dice oggi Papa Francesco – sedute in poltrona. C’è sempre un oltre, una prospettiva che ci supera, che ci fa crescere. Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei … non entrerete nel regno dei cieli.
Che cos’é la giustizia di cui parla Gesù? La giustizia é ciò che é dovuto.
Non é giusto uccidere: é un principio antico. Noi non abbiamo diritto di disporre della vita altrui. La vita é il primo dei diritti umani (art. 3 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo).
Ebbene Gesù ci invita a fare un passo oltre. Le antitesi che ci vengono proposte nell’Evangelo di Matteo sono molto forti e dure: non basta non uccidere ma nemmeno adirarsi verso l’altro, nemmeno insultarlo, nemmeno offenderlo.
Gesù vuole dirci che l’obiettivo della nostra fede é quello di camminare per migliorarci sempre e soprattutto di non adeguarsi ad una mentalità che si accontenta e che restringe il campo del nostro impegno, o che ci fa rinchiudere nel fortino delle nostre sicurezze.
La nostra vera ambizione é quella di guardare alla prospettiva del regno come meta della nostra vita.

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