15/11/2017 – Sant’Alberto Magno

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“In quel tempo. Andando via di là, il Signore Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì”. (Matteo 9,9-13)

Gesù andando via di là, sembrerebbe quasi distratto, è capace di vedere l’uomo, Matteo, di riconoscere la persona che gli sta di fronte e non il male che lui compie. Matteo ha avuto questo passato, da dimenticare diremmo noi, da ricordare come segno della grande misericordia di Dio, ci dice lui. Matteo, nel raccontare la propria chiamata, è l’unico, a differenza degli altri evangelisti ,a indicare se stesso con il proprio nome, mentre negli altri vangeli viene chiamato Levi, il suo secondo nome,probabilmente
meno conosciuto, quasi per velare il suo nome di pubblicano. Matteo invece insiste in senso contrario: si riconosce come un pubblicano chiamato da Gesù, uno di quei pubblicani poco onesti e disprezzati come collaboratori dei Romani occupanti. Matteo presenta se stesso come un pubblicano perdonato e chiamato, e così ci fa capire in che cosa consiste la vocazione di Apostolo: aver ricevuto la misericordia del Signore, aver capito la propria povertà e pochezza, averla accettata come il “luogo” in cui si effonde l’immensa misericordia di Dio.

Siamo capaci di distinguere la persona dall’azione malvagia che compie?
Vediamo nei periodi più bui e più tormentati della nostra vita i segni del passaggio di Gesù che ci ha chiamato a una vita nuova?

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