16/12/2017 – II Settimana di Avvento

“Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro» Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista. (Matteo 17,10-13).
Pietro, Giacomo e Giovanni hanno appena vissuto un’esperienza straordinaria con Gesù sull’altro monte: la Trasfigurazione. Gesù li invita a non parlare della visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto. I tre discepoli però lo interrogano su Elia perché gli scribi sostengono che prima deve venire Elia.
Gesù sottolinea un aspetto in questo dialogo. La gente non ha riconosciuto il profeta Elia, quello che lui ha compiuto. Hanno manipolato il suo annuncio profetico. Così sarà anche per il Figlio dell’uomo, Gesù. Nel contesto di questo dialogo i discepoli capiscono che Gesù sta parlando di Giovanni il Battista, l’ultimo grande profeta d’Israele.
Perché la liturgia ci propone questo passo dell’Evangelo di Matteo in questi giorni di Avvento?
Noi abbiamo un rischio nell’attendere la venuta del Signore. Il rischio é quello di non riconoscere o di manipolare la sua venuta. Perché il Signore viene? Perché lo attendiamo?
Occorre la conversione del cuore. Occorre che facciamo spazio alla sua presenza. Occorre che ci facciamo piccoli.
Questo tempo di attesa sia per ciascuno di noi un tempo favorevole per riscoprire la presenza del Signore, come esperienza di luce.

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