17/11/2017 – Santa Elisabetta d’Ungheria

“Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro
sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni
malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione,
perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno
pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». (Matteo 9, 35-38)

“Vedendo le folle, ne sentì compassione, allora disse ai suoi discepoli:
“pregate…”

Gesù intravede la messe abbondante, i campi che biondeggiano, ma constata la scarsità degli operai che dovranno mietere. È stato così al tempo di Gesù, è stato così lungo la storia della chiesa, è così anche oggi!
Per questo occorre pregare Dio affinché sia lui a chiamare e a mandare operai, perché la messe o la vigna è sua e non tutti quelli che vi lavorano sono stati chiamati. Occorre pregare, sì pregare perché la chiamata di un missionario avviene a causa della preghiera della Chiesa, la missione deve sempre scaturire dalla preghiera , il lavoro della mietitura va fatto nella preghiera.
In tutti gli inviati deve regnare e manifestarsi la gratuità, che essi mostreranno anche prendendosi cura gratuitamente degli altri, curando i malati nel corpo nella mente e nello spirito e annunciando a tutti che il regno di Dio si è avvicinato in Gesù.
Ciò che stupisce è che Gesù non chiede di compiere grandi cose, ma di vivere umanamente i rapporti, infondendo in tutti la fiducia e la speranza che è possibile far regnare Dio nelle nostre povere vite.

La vera speranza dei discepoli-missionari non va riposta nella riuscita della missione ma nella comunione di vita con il Signore e con i fratelli.

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