“In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.” (Giovanni 21,1-15).
Il brano evangelico di oggi di Giovanni ci rappresenta una dimensione della Resurrezione di Gesù quotidiana, potremmo dire. Gesù partecipa al lavoro dei suoi discepoli che dopo le vicende della Pasqua a Gerusalemme sono tornati al lavoro in Galilea, dove tutto era cominciato.
É un incontro in cui Gesù assume una presenza in cui dapprima non si fa riconoscere. Ed é lì con loro per testimoniare che tutto il cammino fatto non é stato invano.
I discepoli riprendono il lavoro perché sono nella tristezza. Le donne hanno avuto alcune apparizioni. Il sepolcro é vuoto. La vita é vuota. Ritornano all’ordinario.
Sulla riva c’é il Signore che li rincuora. Nemmeno al lavoro trovano soddisfazione. Una notte inutile per non portare a casa nemmeno un pesce. E arriva il Signore che vorrebbe mangiare e consiglia di gettare le rete da un altra parte. Ed ecco la pesca miracolosa!
Gesù mangia con loro nel silenzio e fa capire che c’é sempre un’alternativa nella vita. É questa alternativa é proprio Lui che mangia con loro pesce appena pescato. E nessuno gli chiede chi é perché sanno che é il Signore della vita, del quotidiano.
Anche noi dovremmo scoprire che incontri come quelli dell’Evangelo di oggi si possono fare. Non trascuriamo di accogliere il Signore che ci viene incontro e magari noi per fretta trascuriamo le occasioni per accoglierlo. Quante volte incontriamo il Signore senza accorgersene? Il Signore é in noi, é con noi. Ogni persona porta il mistero della sua presenza. Questo é il significato della resurrezione.