25/08/2018 – Sabato della 20ª Settimana del Tempo Ordinario

“In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.” (Matteo 23,1-12).

Il contesto nel quale Gesù rivolge questo discorso é particolarmente difficile. Ormai le autorità del Tempio, gli scribi e i farisei sono non solo in aperto contrasto con i suoi insegnamenti ma ritengono che Gesù sia da eliminare perché propone una relazione con D-o totalmente diversa dalla loro visione.

La denuncia di Gesù rivolta agli scribi e ai farisei é tagliente. Per non essere testimoni della fede nel Signore la cosa più semplice da fare é quella di avere un comportamento esattamente opposto a quello che si afferma. Non c’é di peggio che questo avvenga da parte di coloro che hanno una autorità, specie religiosa. Gesù invita a praticare e ad osservare ciò che scribi e farisei dicono e prendere le distanze dal loro contro testimonianza.

Purtroppo nella storia della salvezza quante volte abbiamo assistito ad un allontanamento della comunità credente a causa di comportamenti contraddittori rispetto alla Parola, ai Comandamenti, ai Precetti.

La denuncia di Gesù é molto più stringente nell’Evangelo di oggi. Il motivo é chiaro. La testimonianza diventa falsa quando si vuole essere ammirati, compiacenti con chi conta nella società e ci si fa chiamare con titoli che non ci appartengono.

A pensarci bene, questa denuncia di Gesù vale non solo per il contesto religioso, ma anche per altre realtà dove viene esercita l’autorità. E non é questione di coerenza ma di testimonianza, cioè di vivere quello in cui si crede e si afferma.

La conclusione evangelica non lascia spazio a fraintendimenti: che si umilia sarà esaltato e diventerà grande chi si farà piccolo. La prospettiva del regno ci aiuta a riconvertire la nostra testimonianza, a vivere una fede che diventa genuina nella misura in cui invertiamo le nostre velleità in umiltà.

Possiamo dire allora: Signore aiutaci ad essere umili, a non esaltarci dei nostri successi, a non avere pretese di grandezza, a condividere questa vita con chi é fragile e povero per qualche motivo e con chi é solo e triste.

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