“Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa 11 chilometri da Gerusalemme e conversavano fra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro.” (Luca 24,13-35).
Ecco, arrivano i giorni decisivi: dopo l’ascensione, Gesù non si può più vedere di persona. Sembra proprio di ritornare ai giorni successivi alla crocifissione, sembra la fine di tutto. Invece l’esperienza dei due discepoli di Emmaus (Luca 24, 13: “in quello stesso giorno”, la domenica di Pasqua) ci svela come continua la storia della salvezza, perché proprio nel massimo della paura, del fallimento, della delusione (vedi i sentimenti iniziali dei discepoli: “si fermarono con il volto triste – noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele” Luca 24, 17.21), “Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro” (Luca 24, 15). Dopo un inizio delicato, Gesù sembra non risparmiare complimenti: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse questa sofferenza.” (Luca 24, 25). Mi sembra quasi un Gesù appassionato e sconfortato dopo tutto quello che Lui aveva fatto, per la mancanza di comprensione da parte di coloro che avevano con lui condiviso tutto e conoscevano le Scritture. Talvolta non è sufficiente, dobbiamo ammetterlo: umanamente abbiamo sempre bisogno di conferme, di qualcuno – Gesù o coloro che come Paolo lo testimoniano “noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore” (2Corinti 4, 5) – che ci aiuti a comprendere le Scritture e che cosa esse dicono di Lui, qualcuno che ci faccia vedere la realtà con occhi diversi, quelli che all’inizio “erano impediti a riconoscerlo” (Luca 24, 16); solo dopo, infatti, “si aprirono loro gli occhi, lo riconobbero” (Luca 24,31). La conclusione, forse, è quella che Gesù si aspettava: “partirono senza indugio” (Luca 24,33) per tornare dagli altri discepoli e annunciare il Signore Risorto, a Gerusalemme dove trovano conferma dell’apparizione di Gesù a Pietro.
Delusione quando durante il pellegrinaggio in Terra santa ci spiegarono che oggi Emmaus non è identificabile…e però ancora più interessante perché ognuno di noi si può pensare sulla strada di ritorno verso casa, dopo un’esperienza bella e unica, un po’ triste e sconfortato proprio perché terminata. Non c’è spazio per la rassegnazione, mi dice lo stupendo Vangelo di oggi, non si finisce mai di restare stupiti di questo incontro! È per noi la testimonianza che Gesù oggi c’è, è vivo, presente, riconoscibile allo spezzare del Pane, nella meditazione delle Scritture, nella comunità di fratelli uniti nella fede e nella preghiera “perseveranti e concordi nella preghiera” (Atti 1, 14): così viene descritta la prima comunità, con le donne, Maria, i fratelli.
“Resta con noi”(Luca 24, 29) e “non ardeva forse in noi il nostro cuore” (Luca 24,32): occorre che anche noi rileggiamo i nostri desideri veri, li purifichiamo dai nostri schemi, li affidiamo a Gesù e ci rimettiamo con fiducia a cercare i segni della sua presenza ora e nella nostra storia già vissuta. Coltiviamo momenti di silenzio e di vita comunitaria per far ardere il nostro cuore della gioia della resurrezione. Mettiamoci in cammino, non stiamo fermi ad aspettare che le cose si sistemino, tanto Gesù è già nostro compagno di viaggio, pronto a indicarci la strada e percorrerla insieme a noi!
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“Perché siete turbati e sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate! … e aprì loro la mente per comprendere le Scritture. Di questo voi siete testimoni. Alzate le mani, li benedisse. Si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.” (Luca 24,36-53).
Oggi viviamo e celebriamo un’altra festa legata alla Pasqua, al Signore Risorto e vivo in mezzo a noi, in quanto la vita da risorti non conosce più la morte, infatti Gesù viene elevato e asceso al cielo. Dopo l’iniziale titubanza anche dei discepoli, probabilmente anche nostra, troviamo solo parole di speranza e conforto: nella liturgia odierna ritorna spesso il tema della pienezza (cfr Efesini 4,7-13). L’ascensione, infatti, è segno del massimo fatto e compiuto in questa vita da Gesù, per questo il Padre lo richiama e lo prende con sé. Per noi uomini manca solo la conferma di tutto questo, che avviene con la Pentecoste, il dono dello Spirito, evento già preannunciato dal brano degli Atti, dove troviamo già gli Undici riuniti nel Cenacolo (Atti 1,6-13). Lo ricorda Gesù con la sua promessa! Lo ribadisce san Paolo agli efesini dicendo “a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo” (Efesini 4,7), con lo scopo di “edificare il corpo di Cristo”, che oggi noi sappiamo essere la Chiesa.
Mi piace pensare che Gesù sia tornato dai suoi amici che con lui avevano condiviso gioie e fatiche della sua missione, che non abbia voluto lasciarli da soli e li abbia costituiti insieme come comunità di fratelli per testimoniare a tutti il suo Lieto Annuncio (EU-ANGELOS) donandogli il Suo Spirito e benedicendoli. È molto bello quello che dice e fa: “sono proprio io!” (Luca 24,39), si fa conoscere, non ha paura a farsi vedere crocifisso e risorto e torni a condividere tutta la vita normale e concreta, perché anche loro facciano poi lo stesso! Ha preso del pane e ha mangiato, ha mostrato loro i suoi piedi e le sue mani, segnate dai chiodi.
Ora anche noi possiamo tornare a vedere la nostra vita con uno Spirito nuovo, la nostra stessa vita piena di ferite e difficoltà, animata ora dalla fede, in vista di una pienezza sperimentata e anticipata da Gesù, ma promessa anche a noi! Prepariamoci in questi ultimi giorni prima della Pentecoste! Affidiamoci allo Spirito di Cristo Risorto!