29/12/2018 – V Giorno fra l’Ottava di Natale

“Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele.” (Luca 2,19-35).

La benedizione al Tempio del figlio primogenito é un rito fondamentale nella cultura e religiosità ebraica, sin dai tempi di Mosè. É una benedizione che riguarda il figlio ma anche i genitori che sono chiamati ad accompagnarlo alla fede.

Anche Maria e Giuseppe compiono questo rito. É il segno di un affidamento al Signore del Figlio Gesù, a cui Simeone, da anziano e uomo pio, aggiunge parole di benedizione in quella che noi conosciamo come il Cantico di Simeone, che recitiamo prima del riposo.

Simeone oltre ad essere un uomo di fede é un profeta benedicente perché indica la strada verso la quale Gesù sarà chiamato ad incamminarsi.

Le parole di Simeone sono molto forti e un po’ destabilizzano Maria e Giuseppe che sono stupiti di questa benedizione e delle parole conclusive di Simeone. Sono parole che testimoniano che Gesù, il Cristo, il Messia e messaggero di D-o, il Figlio del D-o vivente, é qui per la caduta e la resurrezione di molti in Israele ed é segno di contraddizione.

Sono parole che nel tempo di Natale ci scuotono dall’irenico sapore di un tempo natalizio dove tutti dovremmo, si dice, diventare più buoni. Eh no! Non é proprio così. La liturgia ci mette in guardia dal sentirci a posto e legati solo ai buoni propositi.

Il Bambino della grotta di Betlemme é segno di contraddizione rispetto alla nostra incapacità di ascoltare, vedere e costruire un mondo migliore di quello che abbiamo alle spalle.

Questa é la luce del Natale, stiamone certi!

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