03/09/2021 – S. Gregorio Magno

Gv 1, 35-42

In quel tempo. Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo
sul Signore Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!».

 

 

E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete».

 

 

Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

 

 

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse:
«Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù.

 

 

Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Che cercate? è questa la domanda che ci viene posta oggi.
Mi sembra bello che ci venga riconsegnata oggi all’inizio di un po’ tutte le attività lavorative, scolastiche e non.

Occorre ripartire dai desideri.

Giovanni Battista fissa l’Agnello di Dio, la sua attesa è compiuta, è capace di vedere oltre.

Ecco l’Agnello di Dio”: i discepoli colpiti da quell’annuncio di Salvezza, si mettono a seguire Gesù fidandosi delle parole di Giovanni Battista.
Gesù si volta e il suo sguardo per prima cerca il nostro. Fermiamoci a sentire quello sguardo colmo d’Amore per noi.

Maestro dove abiti? Pensiamo a chi invitiamo a casa, sono le persone più care, gli amici più intimi.
Il desiderio dei discepoli è diventare intimi di Gesù, essere a casa con Lui, stare in relazione con Lui. Occorre fare esperienza.
L’incontro con Gesù è stato talmente importante che ricordano l’ora (ora decima, le quattro del pomeriggio), è stato un momento colmo di gioia.

Compito di oggi: fare una classifica di ciò che cerchiamo.
                             Ricercare “le ore decime” della propria vita.

02/09/2021 – Giovedì della Settimana della Domenica che precede il Martirio di S. Giovanni il precursore

Mt 11, 7b. 11-15

 

In quel tempo. Il Signore Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle:

 

«In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

 

 

Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono.

 

Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire.

 

Chi ha orecchi, ascolti!».

Nel versetto precedente (Mt 11, 7) si dice: “Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?

A volte siamo colpiti da comportamenti strani e siamo spinti dalla curiosità: è il fattore umano. Ma nasconde un limite: può essere fine a ste stesso. Oppure la curiosità può portare a farsi domande, allora si fa interessante, ovvero mi chiedo cosa mi tocca, cosa dice a me quel fatto, intuisco che sta “dentro me”, c’è “inter -esse”.

La scelta di vita sobria, essenziale, povera di Giovanni Battista che vive l’ascesi nel deserto era e continua ad essere “alternativa”, con le dovute differenze del nostro tempo. Questo merita stima, onore…

In realtà, ci dice l’essere in ricerca dell’essenziale, un atteggiamento di ascolto, di umiltà.

Lui ultimo grande profeta, ma poca cosa rispetto ai più piccoli su questa terra.

Credo che Gesù, ancora una volta, ci voglia far capire che la grandezza non viene nemmeno dalle scelte eclatanti (tipo desiderare essere Presidente di qualcosa a tutti i costi!), ma mettersi umilmente a servizio dei fratelli nella faticosa vita di tutti i giorni, facendo cose per le quali magari saremo pure giudicati “inutili” o “canne sbattute”.

In realtà, così saremo uomini e donne autentiche, amati da Dio, felici perché semplici, veri, amanti del Bene, servi!

 

Un pensiero e una preghiera per chi in questo tempo sta davvero subendo la violenza dei “potenti” che vogliono impadronirsi del regno; per coloro che non smettono di aiutare queste persone in drammatiche condizioni, per i piccoli che vengono umiliati, danneggiati, oppressi, perché non perdano la fiducia in Dio e nell’umanità e possano trovare soccorso e salvezza.

01/09/2021 – Martirio di S. Giovanni il precursore

Mc 6, 17-29
Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade,
moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è
lecito tenere con te la moglie di tuo fratello».

 

 

Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.

 

 

Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea.

 

 

Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali.

 

Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò».

 

E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno».

 

 

Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».

 

 

Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni.

 

La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre.

 

 

I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

La pagina di quest’oggi getta luce sulla vicenda di colui che è chiamato a fare da apripista a Gesù: suo cugino Giovanni. Viene definito precursore in quanto con la sua azione profetica e la sua predicazione annunciano la venuta del Cristo.

I Vangeli descrivono Giovanni come una persona carismatica, ma che allo stesso tempo conduceva una vita ritirata nel deserto dove si dedica alla preghiera e alla penitenza. In questo luogo che per i più può essere simbolo di inospitalità fiorisce la sua fede.

Ciò che però colpisce leggendo la sua descrizione nei Vangeli è il fatto che viene descritto come il ritratto dell’uomo diretto che lotta per la Verità senza scendere a compromessi.
Proprio per questo diviene una persona scomoda per i potenti del suo tempo, in particolar modo per Erode che, però, come viene descritto in questo brano, “temeva Giovanni” perché in fondo ne riconosceva la santità e la giustizia.

Entra però in gioco Erodìade la quale non sopporta che Giovanni sottolinei il fatto che il suo rapporto con Erode sia illecito. L’odio verso di lui fa emergere in lei la volontà di eliminarlo: vuole togliere di mezzo ogni ostacolo che si frapponga alla sua realizzazione egoistica.

Il brano ci invita ad una riflessione molto profonda riguardo l’importanza di lottare per la Verità, ci chiama ad essere disposti a viverla in prima persona, nonostante questo possa comportare anche sofferenza. Si tratta di un monito che ci coinvolge e ci sprona a non cedere ai compromessi che potrebbero indurci a trovare una felicità illusoria, che altro non è che un’idolatria, quella dell’egoismo e dell’autoreferenzialità.

Siamo chiamati a fare una conversione di fronte alla tentazione di essere noi stessi la misura di tutto.
Ancora una volta siamo chiamati ad accorgerci che il fulcro di tutto rimane la Parola di Gesù, la pietra fondante per la nostra vita. Nel Vangelo di Giovanni viene detto: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». (Giovanni 8-31-32).

Siamo chiamati dunque ad edificare la nostra vita sulla Parola perché solo in essa possiamo trovare l’orientamento per condurre una vita in pienezza a servizio della vocazione che il Signore ha donato a ciascuno e tradurla in gesti concreti che rispecchino la Verità che la Parola contiene.

 

Chiediamo al Signore di vivere la Parola e di riconoscere che in essa c’è quell’acqua viva che desideriamo. Affidiamoci a Lui nella preghiera, affinché ci aiuti ad incarnare la sua Parola nella nostra vita, soprattutto nelle situazioni più spinose, nelle relazioni che si sono guastate, nella quotidianità, soprattutto quando ci costa più fatica: solo in questo modo potremo vivere appieno la Libertà che ci è stata promessa.

31/08/2021 – S.S. Felice e Abbondio

Luca 3, 15-18
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non
fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo:

 

 

«Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali.

 

Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

 

Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Il popolo di Israele – afferma il testo – è in attesa. Il verbo che usa Luca, tra l’altro, secondo molti commentatori, non indica qui un’attesa piena di speranza, ma un’attesa timorosa, angosciosa, incerta (come quando attendevano Zaccaria fuori dal tempio).

Com’è la nostra attesa oggi?

Anche noi in fondo stiamo attendendo un periodo/tempo migliore, attendiamo che la pandemia finisca, attendiamo una “nuova” normalità … Come vive il nostro animo questa attesa?

“Tutti”, però, dice il Vangelo, sembrano aver frainteso il ruolo di Giovanni, che hanno scambiato per il Messia. È forse così grande il desiderio di novità da parte degli Israeliti da non saper vedere e ascoltare Giovanni in profondità? Oppure le loro attese sono così legate ai desideri personali da non saper cogliere i segni di un Signore che intreccerà le sue vicende con quelle della storia umana?

Giovanni chiarisce con decisione la sua posizione: egli è solo un profeta, sta preparando la strada al Messia. Egli è un segno da riconoscere, egli è colui che indica la strada della conversione per prepararsi all’incontro.

So riconoscere nella quotidianità della vita, delle relazioni, delle gioie e delle fatiche, la presenza discreta di Dio? La Sua Parola e la sua volontà si fanno sempre incontro attraverso segni, persone, situazioni … ho la capacità di riconoscerla?

Giovanni battezza con acqua, ma chiarisce che Colui che verrà, Gesù, battezzerà in Spirito, donerà il suo Spirito al mondo. Lo Spirito sarà un dono così grande da “pulire l’aia come con una pala”. Lascio che lo Spirito mi aiuti a discernere, a vedere i segni dell’amore di Dio, a fare le scelte corrette?

Lo Spirito consentirà di “raccogliere frumento”, perché chi si affida allo Spirito raccoglie molti frutti.
Ho questa docilità allo Spirito e lascio che mi guidi ad una vita donata? So riconoscere grazie allo Spirito quel tesoro che è contenuto, però, nei poveri vasi d’argilla della nostra umanità? So impegnarmi affinchè anche questo difficile tempo porti i suoi frutti?

Lo Spirito “brucerà la paglia” dice il testo, richiamandoci in qualche modo l’immagine del giudizio.
Chi intravede ciò che lo Spirito suggerisce, in effetti, non può trattenere o sopportare il male, ma fa di tutto per estirparlo ed eliminarlo. So riconoscere ciò che nella mia vita mi conduce al male ed eliminarlo con fermezza?

“Nella vita dello Spirito chi non va avanti, va indietro e chi non cammina guadagnando, cammina perdendo”.
San Giovanni della Croce. Salita al monte Carmelo.

30/01/2021 – Beato Alfredo Ildefonso Schuster

Mc 1, 4-8
In quel tempo. Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e
tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano,
confessando i loro peccati.

 

 

Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava:

 

 

«Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci
dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Sorge spontanea una domanda: cosa spinge così tante persone in un luogo inospitale, lontano da casa, ad andare da un uomo probabilmente non di bell’aspetto, che rivolge loro parole scomode e dure? 
Devono essere attratti da una promessa, una prospettiva di una vita, nuova, diversa.

Colpisce, tra le prime parole, la vicinanza del verbo “battezzare” (che impone per definizione l’utilizzo dell’acqua) al luogo arido per eccellenza “il deserto“. È nel deserto del cuore, nell’aridità delle nostre azioni, nella povertà delle nostre relazioni e della nostra
relazione con il Signore che può nascere un cammino di conversione.

È proprio dove l’acqua e la fertilità del campo sembrano mancare, che la speranza cristiana ci porta a credere che possa fiorire anche il deserto della nostra vita.

La “conversione” è spesso confusa alla linea di confine tra il “credere” e il “non credere”.
Ma la conversione credo si possa intendere come il cammino quotidiano che ogni cristiano percorre per perfezionare sempre di più il suo modo di amare, allineandosi faticosamente al modo totalitario di amare di Gesù.

La conversione non può limitatamente tradursi in un passaggio tra credente-non credente, ma deve essere l’aspetto principale della nostra vita, che ci deve vedere consapevolmente coinvolti tutti i giorni. Tutti i giorni vorrei convertirmi ad amare di più.

Giovanni ci aiuta: ama Gesù al punto da mettersi al suo servizio, anticipandolo nell’invito alla comunità ad amare di più, a convertirsi appunto. Non sostituendosi a Lui, ma proclamando a gran voce che quanto lui compie in quel momento, nell’aridità del deserto
con acqua, troverà la sua pienezza nel Battesimo in Spirito Santo di Gesù. 

 Riconosco nella mia vita un momento particolare che mi ha indotto a iniziare un cammino di conversione?
 A che punto sono del mio cammino di conversione? Mi sento in cammino?

 Signore Gesù, grazie, per non stancarti di volere sempre venire verso di me, entrare nella mia vita e bussare alla mia porta.
 Aiutami con la mia conversione a prepararti la strada.

29/08/2021 – Domenica che precede il martirio di S. Giovanni

Mt 10, 28-42
«E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.

 

Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il
volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

 

 

Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

 

Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.

 

 

Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

 

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.

 

Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Il brano di oggi è pieno di spunti e di riflessioni possibili; io proverò a soffermarmi da un lato sul tema della croce e dall’altro sulla novità dello stile di vivere le relazioni.

La croce si affaccia nella vita di ognuno di noi e ci obbliga a rimanere nel “qui ed ora” senza scappare: le nostre strategie per fuggire possono essere molteplici perché spesso ci diventa davvero difficile (se non impossibile!) sopportare la realtà.
Accogliere la croce significa abbandonarsi al fatto che molte cose che viviamo nella nostra quotidianità non ci piacciono e non le vorremmo, ma se le accettiamo e le sappiamo abitare sarà davvero il nostro “passaggio” concreto alla Vita: e, allora, il lavoro avrà un altro sapore, una relazione deteriorata in famiglia sarà illuminata da una nuova luce, la malattia di una persona cara avrà dentro di sé una risorsa inaspettata.

Spesso è proprio in una dinamica di cambiamento che il dolore e la paura lasciano lo spazio a piccoli miracoli e semplici segni di gioia.

Gesù propone, poi, un nuovo modo di vivere le relazioni umane in cui l’opzione per l’amore è al di sopra di tutto: egli si offre in modo da stravolgere il concetto dei “legami umani” a cui spesso siamo soliti pensare, liberandoli dalle convenzioni e insegnando il vincolo dell’amore che possa essere coltivato quotidianamente; amare, quindi, non significa trattenere, ma lasciare vivere e lasciare andare. A noi l’opportunità di vivere e lasciarci amare.

– Che cosa ho paura che Dio mi possa togliere?
– Quale croce sento di portare nella mia ordinarietà?
– Quale nome porta l’amore di cui mi nutro ogni giorno?

“Non tema nulla, non tema nulla: io sono qui.
Io conosco chi ho scelto per me, chi ho scelto per me”

28/08/2021 – S. Agostino

Luca 9,1-6
In quel tempo. Il Signore Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.

 

 

Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche.

 

In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».

 

 

Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.

“Non prendete nulla per il viaggio…” Una frase in questo periodo di vacanze e di ferie che ci fa riflettere. Siamo soliti, quando viaggiamo, portare bagagli colmi o borsoni pieni per ogni evenienza anche di cose inutili e le parole di Gesù ci appaiono strane.

Invece, se interpretiamo il suo insegnamento, possiamo cogliere il suggerimento di alleggerirci, di non apparire, ma di essere concreti ed essenziali, come gli Apostoli che dovevano realizzare i segni concreti della venuta del Regno.

Senza niente, essi dovevano confidare nell’ospitalità, aver fiducia nella condivisione, curare i malati e accogliere gli esclusi.
Facendo ciò essi annunciarono la Buona Notizia, il Regno di Dio.

Anche noi dovremmo essere così: motivati dalla fede, convivere in comunità con lo stesso spirito di fratellanza.

O Signore, che ci hai consegnato la legge dell’amore e la missione di annunciare il Vangelo a tutti gli uomini, rendici operatori di giustizia, mediatori di pace, messaggeri della tua salvezza per le strade del mondo.

27/08/2021 – S. Monica

Luca 14, 1a. 7-11
Un sabato il Signore Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e disse agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti:

 

 

«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto.

 

Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.

Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Il brano di Vangelo di oggi ci consegna un messaggio profondamente diverso da quello che solitamente vediamo venir applicato nella nostra società. Gesù, infatti, con questa parabola ci invita a non voler essere primi a tutti i costi, ma ci sprona a lasciare il primo posto ad altri, ci invita quindi all’umiltà.

Ce lo spiega con la consueta semplicità e schiettezza il nostro Papa nella recente omelia del giorno dell’Assunzione:

“Guardando a Maria assunta, possiamo dire che l’umiltà è la via che porta in Cielo. La parola “umiltà” lo sappiamo deriva dal termine latino humus, che significa “terra”.

 

È paradossale: per arrivare in alto, in Cielo, bisogna restare bassi, come la terra! Gesù lo insegna: «chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11).

 

Dio non ci esalta per le nostre doti, per le ricchezze, per la bravura, ma per l’umiltà.

 

Dio è innamorato dell’umiltà.

 

Dio innalza chi si abbassa, chi serve.” (Papa Francesco, 15 agosto 2021)

A questo proposito, mi torna alla mente anche un aneddoto su Madre Teresa di Calcutta. Si racconta che quando Madre Teresa andò con le sue sorelle a incontrare Papa Giovanni Paolo II per la prima volta, lei non si sedette al primo posto. Il Papa allora vedendo che non si trovava al primo posto, la cercò all’ultimo posto, ma non era seduta nemmeno lì. Madre Teresa infatti si era seduta in mezzo alle sue sorelle: l’unico suo interesse era quello di fare il bene insieme alle sorelle, non apparire in alcun modo.

Con il suo esempio Madre Teresa ci dimostra anche come agli occhi del Signore non importa se sediamo nel primo o nell’ultimo posto, per noi Lui avrà sempre uno sguardo speciale.

Come una madre che ha più figli, non potrà mai voler più bene ad uno piuttosto che ad un altro, ma vorrà a tutti un bene incondizionato.

Non preoccupiamoci quindi di occupare il primo posto, ma di fare la Sua volontà nell’umiltà. Così il Signore ci riserverà un posto importante nella fede.

26/08/2021 – S. Alessandro

Lc 14, 1-6
Un sabato il Signore Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed
essi stavano a osservarlo.

 

Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.

 

Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di
sabato?». Ma essi tacquero.

 

 

Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.

 

Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?».

 

E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Poche righe racchiudono un serie di provocazioni da parte di Gesù che non possono lasciare indifferenti!

Siamo nel GIORNO DI SABATO, quindi giorno importante, noi useremmo l’espressione “di precetto”, poiché la legge prescrive l’osservanza del sabato come giorno di festa nel quale astenersi da qualsiasi lavoro.

Gesù si reca a PRANZARE DA UN CAPO DEI FARISEI, supera ogni preconcetto e accetta l’invito da parte di un fariseo, esattamente come lo ha accettato altre volte da un pubblicano, non fa differenze di persone, ai suoi occhi valgono tutti in quanto uomini.

DAVANTI A LUI C’E’ UN UOMO MALATO: mi colpisce la precisione riguardo la patologia che lo affligge e il fatto che Gesù rivolge subito a lui la propria attenzione, pur sapendo di essere attanagliato dagli sguardi indagatori dei farisei che “stavano ad osservarlo”.

Ed ecco il colpo di scena: li precede con la sua domanda riguardo al precetto festivo e senza attendere risposta guarisce l’uomo PRENDENDOLO PER MANO. Non solo: con delicatezza, per non farlo assistere ad un imbarazzante
colloquio con i commensali nel quale il riferimento al questo uomo malato sarebbe stato non troppo velato, “LO GUARI’ E LO CONGEDO’.

Ed ecco la stoccata finale: “un figlio o un bue che cadono nel pozzo in giorno di sabato meritano di essere tirati fuori subito?” Due domande ai farisei e due volte scena muta: questi dottori della legge pare abbiano smarrito il senso della legge, perdendo di vista il motivo che ha dato vita alla legge stessa. Questa non deve mai superare la circostanza, il bene va sempre fatto!

Ecco con quanta chiarezza Gesù si pone a superamento della legge, anzi a suo compimento: uno scossone per ciascuno di noi, quando siamo tentati di nasconderci dietro parole, principi, norme, senza fissare lo sguardo sull’amore che le ha generate.

Ancora una volta, ci aiuti il Signore a recuperare la posizione originale del nostro cuore per muoverci verso tutti i nostri fratelli uomini con la tenerezza che Gesù ci ha insegnato

25/08/2021 – S. Giuseppe Colasanzio e S. Luigi

Luca 13, 34-35
Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!

 

 

Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

Che rimprovero per Gerusalemme … che rimprovero per ciascuno di noi!
In questo brano di Vangelo, infatti, Gesù ci vuole “scuotere” dicendo «Quante volte ho voluto farvi sentire la mia tenerezza, il mio amore, come la chioccia con i pulcini e voi avete rifiutato…».

Si, perché la sua presenza è una CERTEZZA COSTANTE che coinvolge tutti, sempre DISCRETA, mai invadente. Noi però a volte non la percepiamo o non vogliamo
accoglierla.
Ecco che ancora una volta entra in azione la grandezza del nostro Dio: il suo amore SEMPRE e COMUNQUE, tanto grande da lasciarci liberi e aspettare; come dice papa Francesco,

 

 

«aspetta, non condanna, piange. Perché? Perché ama!».