“Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».” (Luca 15,1-10).
Gli scribi e i farisei contestano Gesù perché i pubblicani e i peccatori lo ascoltano. Lo contestano perché il Maestro accoglie e mangia insieme a loro
Gesù intuendo questi pensieri racconta due parabole: la pecora perduta e la moneta smarrita.
In questi due racconti scopriamo la responsabilità del discepolo e la sua missione, quella attuata da Gesù, cioè quella di accogliere i cosiddetti lontani dalla comunità.
In queste due parabole ci sono tre verbi importanti: perdere, ritrovare e gioire. Perdere e ritrovare riguardano la singola persona. Gioire riguarda invece la comunità.
Talvolta é necessario che perdiamo qualche cosa per poi ritrovarla ed essere poi felici. Questo ci aiuta a capire che la sequela richiede la capacità di lasciare qualcosa per riconquistare e gioire di un bene più grande: la compagnia del Signore.
L’essenza delle due parabole é data dall’atteggiamo di Gesù: tutti sono accolti da Gesù sopratutto i lontani, gli smarriti e i perduti, perché il Padre è misericordioso. Vuole che tutti siano salvati.
Il discepolo che segue Gesù cerca coloro che si sono persi perché “vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”.
08/11/2019 – Venerdì della 31ª Settimana del Tempo Ordinario
“Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.” (Luca 16,1-8).
Gesù ha cercato di mettere al centro della propria predicazione l’attenzione ai poveri ed emarginati d’Israele, l’importanza di essere discepoli e la necessità di una vera conversione nel riconoscere la presenza del Signore.
L’Evangelo di oggi che racconta dell’amministratore infedele ci fa cogliere alcuni aspetti della missione dei discepoli di Gesù: avere il coraggio di osare e trovare sempre tutte le soluzioni possibili nell’incontro con l’altro.
Perché il padrone loda l’amministratore infedele? Non certo per le sue qualità amministrative che sono deficitarie, quanto piuttosto per la sua capacità di mettersi in relazione con i debitori rinunciando ad un guadagno personale.
L’amministratore con il super sconto verso ogni singolo debitore ha il coraggio di osare pur di evitare un futuro da persona grama. Non sa lavorare la terra e si vergogna di mendicare. Per una volta si accorge delle proprie incapacità.
C’è però un secondo passaggio che l’amministratore fa. Pur pensando di trovare una soluzione ai suoi problemi, per una volta, si mette nei panni degli altri, dei debitori. In modo scaltro condivide la loro situazione.
La conclusione dell’Evangelo rivela la differenza tra coloro che guardano al proprio tornaconto e coloro che hanno attenzione verso l’altro. Un discepolo missionario sa osare, rischiare e, nel contempo sa trovare soluzioni, impossibili a prima vista, con altrettanta dinamicità.