19/11/2018 – Lunedi della 33ª Settimana del Tempo Ordinario

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“Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!».” (Luca 8,35-43).

Gesù si sta incamminando e sta salendo verso Gerusalemme. A Gèrico incontra un cieco che sta mendicando il quale saputo che era Gesù si mette a gridare: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”

Stupisce che questo cieco identifichi Gesù come Figlio di Davide e lo riconosca come il portatore ed erede della lunga tradizione ebraica. Ma ancora più importante é il riconoscersi in Gesù nel chiedere aiuto, nel vuol essere guarito nell’anima e nel corpo.

Ancora una volta Gesù guarisce, ma non é solo una guarigione fisica ma una guarigione spirituale: riabbi la vista perché hai fede nel Signore!

Anche noi abbiamo bisogno di vederci. Abbiamo bisogno di affidarci per vedere con gli occhi della fede il nostro cammino verso il Signore che ci dona vita.

18/11/2018 – 33ª Domenica del Tempo Ordinario

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Siamo alla conclusione di un anno liturgico nel quale siamo stati accompagnati dallo stringato Evangelo di Marco. E il passo evangelico di questa penultima domenica ci riserva toni apocalittici che sembrano descrivere quasi la caduta del tempo dell’umano.

Marco descrive e ci aiuta a capire i significati di quello che sta accadendo per dirci che il Figlio dell’Uomo, il Cristo sta per dare compimento al Regno di D-o, a quel regno che vedrà disciogliersi tutte le potenze e le forze che conducono il mondo, per lasciare spazio definitivo alla Parola, alla Creazione, alla definitiva presenza di D-o in noi e nella nostra storia.

Gesù ha parlato così ai suoi discepoli prima di iniziare il cammino della passione, prima di assumere su di sé il peso dei nostri sbagli e delle nostre idolatrie.

Ma non ci lascia il silenzio e la paura. Ci aiuta a saper leggere con attenzione questo tempo per essere pronti ad accogliere Lui. É una sfida positiva, salutare, proprio perché oggi ci accorgiamo quanto accartocciato sia questa stagione della storia. Non é un caso che il Signore ci ricordi che le idolatrie delle potenze lasceranno il campo e si frantumeranno.

Noi cerchiamo di essere pronti perché nessuno conosce il tempo del suo ritorno, ma il suo ritorno sicuramente ci sarà.

17/11/2018 – Santa Elisabetta d’Ungheria

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“Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Luca 18,1-8).

Gesù, dopo aver annunciato la sua passione e la sua morte in un contesto da fine dei tempi e chiedendo il nostro impegno ad essere vigilanti, nell’Evangelo di oggi ci rileva con semplicità i segreti della vita interiore.

Innanzitutto ci spiega che bisogna pregare sempre e con insistenza. Racconta ai suoi discepoli la parabola della vedova che chiede giustizia al giudice disonesto. Il paradosso della parabola, cioè il fatto che dopo tanta insistenza il giudice disonesto fa giustizia alla vedova, ci fa capire che l’amore di D-o e la sua misericordia sono infinitamente più grandi nell’esaudire le nostre richieste.

Quindi bisogna pregare, pregare sempre, affidarsi e non mollare mai. Questo é il nostro compito di credenti, credibili.

Restiamo però senza parole meditando le ultime parole dell’Evangelo. É un atteggiamento di dubbio da parte di Gesù che sperimenta la sua umanità. Ci sarà la fede al suo ritorno?

Potremmo dire che queste parole vengono direttamente dal pensiero di D-o. Lui che è misericordioso all’infinitesimo riuscirà a convincere l’umanità ad orientare la vita verso il bene, l’amore, la misericordia? Preghiamo una volta tanto, non solo per noi, ma per il Buon D-o e ringraziamolo di averci donato la vita!

16/11/2018 – Santa Margherita di Scozia

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“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.” (Luca 17,26-37).

Il linguaggio apocalittico di Gesù nel brano evangelico che la liturgia ci propone ha una linea conduttrice ben chiara: essere vigilanti. Il Regno dei cieli é presente in mezzo a noi. La presenza del Signore anima la nostra vita e va da noi riconosciuto.

Gesù, Maestro e Signore, é presenza del Regno ed é messaggero, da Figlio di D-o, della presenza del Padre. E proprio, in questo frangente, ricorda ai suoi che nella storia della salvezza, già Noè si era preparato, così come Lot. Mentre molti hanno preferito fare affidamento a loro se stessi e ad attaccarsi alle cose sono stati colpiti dal buio delle tenebre.

La sintesi dell’Evangelo che Gesù richiama a se stesso é semplice ma é una sfida per tutti: “Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.” Il donare la vita dà senso profondo al nostro vivere, alla nostra fede e alla nostra speranza.

La 2ª lettera di Giovanni (1a,3-9) é illuminante e dispiega il senso dell’Evangelo: “camminate nell’amore”.

15/11/2018 – Sant’Alberto Magno

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“In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di D-o?». Egli rispose loro: «Il regno di D-o non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”.” (Luca 17,20-25).

La domanda perentoria dei farisei, quando verrà il Regno di D-o, nasconde una sfida rivolta a Gesù: quella di immaginare che si possano fare calcoli e che ci siano dei meccanismi per interpretare quando verrà il momento.

Gesù raccoglie la sfida e cambia completamente prospettiva. Innanzitutto il regno di D-o é già presente non ha bisogno di miracoli, santoni e quant’altro. Ha bisogno solo della nostra fiducia convinta, del nostro riconoscere la presenza del Signore nella nostra vita quotidiana.

Ma poi Gesù in poche parole comunica che la logica del regno la assume egli stesso dichiarando che dovrà morire e che questo comporterà smarrimento.

L’Evangelo di oggi si conclude con questo annuncio. Gesù con queste ultime parole invita ad essere pronti e vigilanti. Il Regno dei cieli, che é già qui presente, va costruito giorno per giorno nell’attesa del compimento, del ricapitolare la vita umana all’interno del progetto della creazione.

E noi siamo pronti? Ci affidiamo al Signore? Riconosciamo nella nostra vita i segni del Regno e la presenza di D-o in noi?

13/11/2018 – Martedi della 32ª Settimana del Tempo Ordinario

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“Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.” (Luca 17,7-10).

L’Evangelo di oggi ci racconta la parabola del servo chiamato a mettersi a disposizione del suo padrone dopo essere rientrato dai campi e nonostante abbia lavorato molto tutto il giorno. Non potrà avere diritti di comprensione e non servire la cena al suo padrone.

Questa situazione per quanto scontata esprime il fatto che il servo ha fatto quello che gli compete e non può pretendere di ottenere gratitudine, perché questo é il lavoro che é chiamato a svolgere.

Nella concretezza della vita quotidiana e nei rapporti con il nostro prossimo non possiamo aspettarci la ricompensa. Nei rapporti con il Signore, il metro é totalmente diverso. Non siamo servi inutili ma servi che regnano.

É importante che riconosciamo con umiltà il nostro donare gratuitamente senza pretese, per essere accompagnati dal Signore.

Gesù con questo insegnamento vuole ricordarci che la sequela, seguire il Signore richiede la capacità di stare nelle situazioni più o meno complicate della vita e affidarci a lui nonostante tutto.

12/11/2018 – San Giosafat Kuncewycz, monaco Ukraino

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“State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli.” (Luca 17,1-6).

L’Evangelo di oggi é un invito di Gesù a rendere concreta la fedeltà al Signore.

Innanzitutto all’inizio del brano evangelico Gesù afferma che nella realtà umana non si possono evitare gli scandali. Ma chi scandalizza i piccoli é meglio che sprofondi negli abissi. Gesù dice questo per sottolineare il comportamento di coloro che scaricano sui piccoli, sui poveri, sugli ultimi i pesi della vita. Il comportamento degli scribi e dei farisei al tempo di Gesù era proprio questo.

Il passo evangelico sottolinea ancora il tema del fedeltà al Signore. Gesù invita a riflettere sul tema del perdono. Se una persona chiede perdono e anche per parecchie volte a seguito del riconoscere i propri errori, questa persona va perdonata sempre. Il perché é chiaro e Gesù l’ha sempre ribadito. Il D-o della vita é il D-o della misericordiosa.

Alla conclusione del brano evangelico non dobbiamo stupirci se i discepoli di Gesù chiedono al Maestro di aumentare la loro fede. Forse cominciano a capire che gli insegnamenti di Gesù trovano senso in una fede matura, convinta.

Chiediamo anche noi oggi di aumentare la nostra fede.

11/11/2018 – 32ª Domenica del Tempo Ordinario

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“Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.” (Luca 12,38-44).

Due monetine fanno un soldo, ovvero sono un niente agli occhi dei discepoli, ma nella dimensione del regno di D-o sono una immensità, perché la povera vedova che li ha gettati nel tesoro del Tempio di Gerusalemme, ha dato tutto quello che aveva.

Per amare il Signore, per seguire la strada del regno, quello che conta é dare tutto. Il Buon D-o non chiede di riconoscerlo a puntate, ma di riconoscerlo dando tutto quello che siamo. Non vuole credenti che stanno in superficie, che danno il superfluo. Chiede radicalità.

Gesù nel Tempio di Gerusalemme dimostra ai suoi discepoli, che chiama ogni volta a sé perché sono distratti, la necessità di abbandonare la logica degli scribi e di guardare alla povera vedova per capire e dare senso evangelico alla propria vita.

Questo Evangelo infatti é un richiamo forte anche a noi oggi. L’atteggiamento degli scribi al tempo di Gesù non é lo stesso che vediamo e viviamo noi oggi?Quanto ci piace essere ammirati e considerati dai nostri vicini e dalla gente? Quanto ci piace avere i primi posti anziché essere ultimi? Quante volte c’è ne freghiamo di chi sta peggio e pensiamo solo a noi stessi?

Ricordiamoci che due monetine fanno un soldo, basta un niente per essere sulla strada della pienezza nel Signore!

10/11/2018 – San Leone Magno

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“Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti.” (Luca 16,9-15).

L’Evangelo di oggi é inserito nel dibattito sempre più crudo e difficile tra Gesù e i farisei e gli scribi. Il suo insegnamento scardina la presunzione dell’essere giusti che appartiene appunto al capi religiosi d’Israele e di Gerusalemme, in particolare.

Le affermazioni di Gesù sembrano scontate ma nello stesso tempo si incuneano nella concretezza della vita e stimolano la nostra riflessione e il nostro impegno.

La fedeltà dice Gesù si esprime nelle cose semplici e a cui diamo poca importanza. Tuttavia proprio questo misura la nostra capacità di essere fedeli nelle cose più importanti.

Il paradosso richiamato da Gesù del farsi amici nella disonestà ricchezza é un semplice invito al tempo di Gesù rivolto ai farisei a non farsi tante e troppe illusioni di sentirsi giusti. Per noi é uno stimolo a trovare le ragioni per non sentirsi a posto con la coscienza.

C’é in fondo a questo Evangelo una questione: la fedeltà a D-o. Se vogliamo essere donne e uomini che riconoscono la presenza di D-o dobbiamo essere convinti fino in fondo, nonostante le nostre fragilità umane, che bisogna essere fedeli a D-o. Non possiamo servire a due padroni avendo una vita divisa: le cose di D-o e le cose del mondo. Gesù ci invita e ha invitato la gente del suo tempo a tenere unita la vita.

Questa é la fedeltà che ci viene richiesta.

09/11/2018 – Dedicazione della Basilica Lateranense

“Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».” (Giovanni 2,13-22).

L’Evangelo di Giovanni ci presenta all’inizio dell’attività pubblica di Gesù l’impatto drammatico al Tempio, al suo arrivo a Gerusalemme per la celebrazione della Pasqua con i suoi discepoli.

Il passo evangelico ci ricorda che Gesù caccia dal Tempio i commercianti e i cambiamonete: “non fate della casa del Padre un mercato!”. É una contestazione durissima che scuote i capi religiosi al punto che questi ultimi chiedono a Gesù un segno che dimostri le sue capacità e la sua autorevolezza.

Lo scambio che scaturisce tra Gesù e i Giudei esprime un fraintendimento di fondo. Gesù parla di distruzione del Tempio del suo corpo mentre i Giudei fanno riferimento al Tempio in quanto struttura costruita da pietre, luogo simbolo per eccellenza del culto divino.

Nel giorno della Dedicazione della Basilica Lateranense questo passo evangelico ci invita a dare il giusto senso alle cose. Il Tempio é un luogo consacrato a D-o come lo é il nostro corpo espressione della vita che supera ogni caducità umana.

Riconoscere la sacralità della vita significa riconoscere la presenza di un D-o che non ha bisogno di pietre ma chiede la pienezza della vita umana. L’invito che l’Evangelo ci esprime é quello di dare pienezza alla vita per orientarla al Signore. A