02/09/2019 – Lunedì della 22ª Settimana del Tempo Ordinario

“In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne.” (Luca 4,16-30).

Gesù si trova a Nazareth dove é vissuto, è cresciuto e si formato nella fede. Ha iniziato la sua vita pubblica insegnando nelle sinagoghe della Galilea. Viene ad insegnare nella sua sinagoga e legge un passo di Isaia che rappresenta il programma della sua missione.

Non dice molte cose se non queste parole: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato’.

Non si può mai dire che le persone che più hai vicine, che conoscono la tua storia, siano le persone che più di altre prestano attenzione. Anzi sono le prime a farti degli appunti. Come ti permetti di dire queste cose. Datti meno arie, chi credi di essere?

Ed é ciò che avviene a Nazareth. Anzi addirittura i suoi concittadini sono i irritati nei confronti di Gesù e vogliono buttarlo giù dal ciglio del monte.

É chiaro che i profeti in patria non sono amati. Ma Gesù nel ricordare che il passo di Isaia si è compiuto ricorda a tutti che la Parola si innesta nel nostro vissuto e sta a noi renderla feconda, concreta. Altrimenti ci saranno altri e magari non dei nostri, perché stranieri a viverla. E questo é già accaduto con i profeti Elia ed Eliseo.

La Parola ha bisogno di noi ma se non la viviamo, altri si apriranno all’ascolto e magari non saranno appartenenti alla nostra comunità.

É un po’ quello che sta accadendo oggi, nel nostro “mitico” Occidente dove molti pensano di essere i soli a mantenere le radici della tradizione cristiana e magari si vantano di questo e si richiamano ai valori cristiani; salvo poi scoprire che di valori cristiani restano ben poche radici! Chi orecchie per intendere intenda, dice l’Evangelo!

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