04/09/2017 – 22ª Settimana del Tempo Ordinario

“Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria.” (Luca 4,16-30).
C’é un collegamento molto intenso tra questa pagina dell’Evangelo di Luca e il tema dell’essere pronti e di vegliare dell’Evangelo di Matteo della scorsa settimana.
È evidente che c’é una attesa molto diversa nei conterranei di Gesù a Nazareth. Di fronte alla lettura del profeta Isaia si aspettano che anche da loro si manifestino i miracoli compiuti da Gesù. Ma dubitano. Si chiedono come mai é Gesù ad annunciare questo. In fondo é il Figlio del falegname.
Ecco qui la questione di fondo: chi attendiamo? Siamo pronti ad accogliere il Signore? Di fronte a queste domande sulla sua identità che Gesù sente risuonare nella sinagoga, il Maestro fa arrabbiare i suoi compatrioti perché non vogliono capire e la loro attesa é utilitaristica. Pensano ad un D-o con la bacchetta magica.
Gesù ricorda che il Signore si é manifestato nel cuore delle persone semplici: la vedova di Sarepta di Sidone al tempo di Elia o Naaman il Siro al tempo di Eliseo. Il Signore si è manifestato agli stranieri perché più pronti e disponibili ad accoglierlo.
E noi chi attendiamo? Il nostro cuore é aperto ad accogliere il Signore?

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