18/02/2023 – S. Patrizio

Giovanni 4,23-26

In quel tempo. Il Signore Gesù disse alla donna samaritana: «Viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano.

 

Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

 

Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa».

 

Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

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Davvero breve questo frammento del dialogo tra Gesù e la donna samaritana che ci viene offerto oggi alla nostra riflessione.

Gesù conosce bene la storia di questa donna ed entra in dialogo con lei cercando in lei la verità. La samaritana intuisce di trovarsi di fronte ad un uomo, ad un profeta che sa tutto di lei: non si sente giudicata, anzi trova nel Maestro tanta umanità.

Il profeta non è un uomo straordinario, ma uno che vede dove gli altri non vedono e capisce la vita delle persone. Ora la samaritana si sente accolta e il dialogo continua sul piano religioso: da qui la domanda sull’adorazione e sul luogo dell’adorazione.
Gesù si rivela intuendo che la donna è disponibile all’ascolto. Dio non si adora su un monte ma nello Spirito santo e nella verità che è Gesù. Dio abita in ciascuno di noi, ciascuno di noi deve essere la casa di Dio.

Il Vangelo di Giovanni ci apre ad un tempo nuovo in cui l’importanza dei luoghi di culto, tanto del tempio di Gerusalemme che di quello del monte Garizim costruito dai samaritani, è relativizzata dalla capacità di adorare il Padre in spirito e verità.

Così commenta il Card. Gianfranco Ravasi

le due parole “spirito” e “verità” hanno nel Vangelo di Giovanni un’accezione particolare. La “verità” è, infatti, è un vocabolo adottato per designare la rivelazione che Cristo è venuto a portare nel mondo. Lo “spirito” è, invece, il principio della vita nuova che il credente assume in sé…il vero fedele è colui che riceve lo Spirito Santo…la “verità” è la Parola di Dio che Gesù ci rivela e che deve diventare la via della nostra fede e la lampada della nostra carità.

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