20/04/2018 – 3ª Settimana dopo Pasqua

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.” (Giovanni 6,52-59).

L’insegnamento di Gesù nella sinagoga di Cafarnao ci lascia anche noi sbigottiti.

Che cosa significa “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue”? Di fronte a questa Parola facciamo fatica tutti a capire sino in fondo. 

Dobbiamo lasciare al mistero la profondità del messaggio di Gesù. Il nostro atteggiamento deve stare sulla soglia e in punta di piedi.

Non possiamo nemmeno pensare che questa Parola sia considerata un paradosso.

Gesù ci indica un percorso e un strada per incontrare il Padre, il D-o della vita. La vita é fatta di carne e di sangue. Ma é fatta anche di spirito. D-o ha preso forma umana proprio attraverso il suo Figlio Gesù. E la sua forma é carne, sangue e spirito. 

Non possiamo capire interamente queste parole di Gesù se non entrando in una prospettiva altra. É più facile parlare di pane. Ma carne e sangue indicano una totalità umana, una unità umana, che nello spirito di quello che siamo si fonde in un oltre.

Riconoscere il Signore significa scoprire questa intimità umana nella prospettiva di un qualcosa che ci supera. Il cibarsi della carne e del sangue, il cibarsi del pane altro non sono che il segno della vita che cresce nel Signore.

Accogliamo nel mistero della preghiera e dell’eucarestia il senso delle parole di Gesù per farle diventare concretezza della sua presenza in noi.

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